Il manager Gallicanese Omar Balducci |
Manager immunizzato in Ungheria con il vaccino cinese, ha difficoltà a rientrare in Italia, così scrive una lettera al presidente della Repubblica a nome degli Italiani che vivono all’estero.
Protagonista di questa vicenda è Omar Balducci, 37enne lucchese che ormai da cinque anni vive e lavora in Ungheria per conto di multinazionale del settore della carta.
«La pandemia ha colpito duramente l’intero pianeta e il tanto atteso arrivo dei vaccini ci ha offerto la possibilità di proteggerci – spiega Balducci nella lettera a Mattarella – Non appena avuta la possibilità di ricevere la tanto agognata vaccinazione, io e la mia famiglia, ci siamo precipitati dal nostro medico curante in Ungheria, il quale ad aprile ci ha inoculato il primo vaccino disponibile: il Sinopharm».
Si tratta di un vaccino prodotto in Cina che ha ottenuto lo status di piena accettazione da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità, in quanto considerato “sicuro ed efficace” e pertanto è stato distribuito in 80 Paesi nel mondo e inoculato a oltre 1 miliardi di persone. «L’Ungheria – racconta Balducci – è stata una di quelle nazioni che all’inizio della pandemia, vista la carenza di forniture di vaccini autorizzati Ema (Pfizer, Moderna, AstraZeneca) e la difficile situazione epidemiologica, ha deciso di fare uso anche di Sputnik V, il vaccino russo, e di Sinopharm.
Lo ha fatto per tutelare l’incolumità dei propri cittadini e dei suoi ospiti. Alla fine i vaccini approvati sono stati diversi ma, soprattutto all’inizio, non c’era possibilità di scegliere e a noi è toccato Sinopharm. L’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema), tarda a riconoscere la conformità di questo vaccino, oltre che di Sputnik V e questo crea disagi a chi per lavoro deve spostarsi su ambo i lati del confine. L’Unione Europea si dimostra di non essere davvero “unita”».
L’Italia è tra i Paesi che non accettano un green pass europeo riportante un vaccino non riconosciuto da Ema qual è Sinopharm: «Posso andare senza problemi in Spagna, Croazia o Slovenia – dice – ma per il mio Paese è come se non fossi vaccinato. E dire che ho già fatto anche la terza dose. Ma ogni volta che devo venire a Lucca per fare una riunione, devo fare un antigenico in aeroporto e poi un tampone che mi fa avere un green pass di 48 o 72 ore per entrare in azienda.
Dato che il problema non riguarda solo me – racconta Balducci – ho deciso di fare appello al presidente della Repubblica perché intervenga per porre fine a un atteggiamento discriminatorio nei confronti non solo dei cittadini Ue, ma soprattutto degli italiani residenti all’estero che si vedono negare accesso e libera circolazione nel proprio Paese pur avendo completato il ciclo vaccinale e disponendo di un Green pass europeo valido a tutti gli effetti».
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