Fabio Baroni, storico inventore della Via del Volto Santo, ci presenta il Cammino Italiano di Santiago.
Il lavoro che si sta facendo con il Progetto PIT TEA, come quello PIT APUANE, vinto dai Comuni di Camporgiano, Fabbriche di Vergemoli, Gallicano, Molazzana, Piazza al Serchio e Sillano Giuncugnano, sul Bando del Gal MontagnAppennino, è soprattutto un’azione per far riappropriare le popolazioni locali della loro storia e i passaggi partecipativi che si faranno – ahimé duramente impediti/ostacolati dal Covid - hanno questo scopo.
Lo storico Fabio Baroni |
Nel 1992 scrissi e pubblicai il saggio “Un’ipotesi sulla Via di San Jacopo tra le valli del Serchio e della Magra” presentato al Convegno “Il pellegrinaggio medievale per Roma e per Santiago de Compostela. Itinerari di val di Magra”. Era lo stesso tempo (1991) in cui pubblicai anche la prima proposta scientifica sulla Via del Volto Santo (“Sulla Via del Volto santo: il culto dell’immagine lucchese in Lunigiana”). Lo scrissi anche sull’onda di quel fascino per il Camino spagnolo che avevo fatto nel 1989. Temo che non sia facile riproporre quel sentimento di “spiritualità” che si vive e si “sente” sul Camino originale, dopo Roncisvalle, e che, nel 1989, quando nessuno lo conosceva ancora, era quello “antico” (non turistico, come oggi è, in parte, diventato).
Dal 1991 (29 anni fa) la Via del Volto Santo, di cui sono il “creatore”, ha avuto un crescente successo. Meno l’ha avuta quell’intuizione sul percorso jacopeo.
Mi ripromettevo di rilanciarlo e l’occasione delle tante iniziative sulla Via del Volto Santo, sulle Matildiche, sullo stesso Chemin d’Assise (che parte da Vezelay, singolarmente anche punto di una delle Vie francesi verso Santiago) è stata quella giusta. Perciò ho ripreso in mano le carte e riattivato lo studio con ben altro approfondimento avendo trascorso questi quasi trent’anni a studiare le strade storiche e l’economia di strada che le ha sostenute.
Le risultanze scaturite da quella ricerca sono soprattutto il quadro di centralità che Lunigiana, Garfagnana, Mediavalle e Montagna Pistoiese hanno assunto nel pieno Medioevo, complici la conformazione geografica del nostro territorio (fra mare, Appennino/Apuane e pianura padana/Po) e – un nome fra i tanti - Matilde di Toscana e Canossa che aveva il suo immenso feudo (che avrebbe potuto diventare, come fu per Francia e Inghilterra, il primo stato italiano) disteso a nord e sud di quell’ostacolo naturale formidabile che sono l’Appennino ligure-tosco-emiliano e le Apuane e che andava da Mantova a Firenze, con Lucca centrale. Un ostacolo che necessitava sistemi di attraversamento organizzato nel territorio che – ripeto - andava dal mar ligure-tirrenico al Po.
Un territorio in cui, nelle due direzioni, si muoveva un’immensa quantità di persone e di merci testimoniato dall’economia della seta lucchese (sulla tratta marittima/terrestre Genova-Lucca), dal numero di porti nell’arco Pisa-Genova, nell’uso della moneta lucchese sui porti del Po, dallo sviluppo di strade, ponti, ospitali su cui abbiamo scritto con Lucia Giovannetti, archeologa e storica del territorio, nella memorabile opera sullo scavo dell’ospitale di San Nicolao di Tea (curato da Antonio Quiros Castillo). Il segno più chiaro è nel diario di Nikulas di Munkhatvera, abate islandese in viaggio verso la Palestina, quando scrive che a Luni (fra Sarzana e Carrara) la via Francigena e il Cammino di “Santo Jacopo” si incontravano.
E la rete stradale era enorme - marittima, fluviale e terrestre - e portava, dal mare alla pianura padana e all’Europa e viceversa attraverso le autostrade medievali: la Via francigena, le matildiche del Cerreto, di Pradarena, di San Pellegrino in Alpe e di Foce Arcana (Abetone), in un sistema per cui la Via Francigena e la Via del Volto Santo erano “collettori” sul fondovalle di tutta la viabilità transappenninica. E tutto portava a Lucca, di solito. Il Volto Santo ne era un simbolo per una città commerciale centrale, allora, che delle vie aveva bisogno vitale.
Ma, nel panorama, per cogliere correttamente la tematica jacopea, va rilevato il ruolo stradale medievale di Pistoia che, negli anni ’30 del XII secolo, ottenne dall’arcivescovo di Santiago de Compostela, Diego Gelmirez, una reliquia del corpo di San Giacomo Apostolo e divenne la Santiago italiana, meta di passaggio per chi, dal sud (da Firenze e sotto) andava a Santiago de Compostela ma anche meta essa stessa di pellegrinaggi iacopei. Un vero centro di attrazione ed irradiamento del culto jacopeo in Italia.
Ricordo che le due strade principali verso occidente e Santiago erano la “via delle Alpi” (per il Monginevro e Moncenisio) e la “via della costa”, cioè quella passante per Genova e la Liguria, evitando le Alpi, fino in Francia, Tolosa, Roncisvalle/Somport, Santiago. Non abbiamo dubbi sul fatto che la Bocca di Magra e lo snodo di Sarzana siano stati il punto di incrocio fra la Via Francigena e il Cammino italiano di Santiago (per terra e mare) che è chiamato già nel medioevo “Camino dritto d’Italia”.
Al proposito, segnalo che già nel 1984, Paolo Caucci von Sauckhen, uno dei primi e più attenti storici del Cammino di Santiago, pubblicò un’opera titolata “Il Cammino Italiano a Compostella” (a pag. 75 precisa in “Cammino italiano a Santiago”) usando il nome che ho ripreso oggi, 2020.
Naturalmente, dal centro e sud Italia tirrenico, i pellegrini usavano la Via Francigena fino a Luni-Sarzana e poi, via mare o terra, andavano a occidente (in questo senso la chiesa di S. Maria di Roncisvalle a Massa è un testimone bellissimo) ma, lo studio territoriale mostra anche come, da Pistoia, ci sia una linea di pievi, chiese, opere d’arte e culti dedicati (con titolo) e legati a San Jacopo maggiore che alzandosi per Cozzile, pieve di Boveglio, Borgo a Mozzano, l’area di Fabbriche di Vallico e Vallico di sotto, Gallicano, Camporgiano, Pugliano, Fivizzano, Canova, Podenzana, ponte di Caprigliola (l’antenato di quello crollato ultimamente ma, come è scritto, nato per opera di un devoto jacopeo di Sestri per favorire i pellegrini verso l’occidente ligure) porta a Genova e Francia.
Chiesa di San Jacopo - Gallicano (LU) |
Cosippure percorsi jacopei giungevano dall’Emilia come testimoniano la città jacopea di Fivizzano presso il passo del Cerreto, l’Ospitaletto di San Jacopo fra Ligonchio e Pradarena, il Duomo di Barga sulla via di San Pellegrino e nella Val di Magra le tante località e gli ospitali dedicati al santo che confluiscono nell’area di Aulla (dove lo scavo archeologico ha rinvenuto proprio una conchiglia da pellegrino jacopeo) e portano allo svincolo di Sarzana. Proprio a Sarzana dove, probabilmente, c’era uno dei 3 Volti Santi duecenteschi e più antichi (con Rocca Soraggio) ad indicare i flussi lucchesi verso Genova fin da allora.
Dunque, poiché non esiste un unico Camino di Santiago (nemmeno in Spagna ce n’è uno solo!) e poiché da ogni dove i pellegrini affluivano alla città spagnola, è del tutto giustificato evidenziare un uso jacopeo, nelle fasi in cui fu attivo, della via dei Lucchesi (la via del Volto Santo) che proprio nel tratto Genova-Lucca e viceversa si sviluppava facendo da collettore, in Mediavalle, Garfagnana e Lunigiana, dei flussi che attraversavano l’Appennino da nord. Senza dimenticare che esisteva un flusso pellegrinale jacopeo inverso che portava a Pistoia, centro italiano del culto di San Jacopo.
Questo percorso, lo dico ancora come ipotesi che è, però, sempre più solida, può riuscire anche a dare un senso ed una funzione – che non è ancora chiara - al Ponte del Diavolo che è il più grande manufatto stradale del territorio e, dunque, non può che avere avuto un ruolo preminente nella viabilità medievale. Esso, tuttavia, non serve a chi, dalla Garfagnana, viene o va a Lucca lungo il Serchio in quanto la via era sulla riva destra del fiume, fino al ponte di Moriano, dove è lo spazio di strada (ciò fin dall’età romana). Può servire per chi arriva dalla Val di Lima ma parrebbero transiti minori rispetto alla grande forza del manufatto.
Se, però, si nota la strada lastricata e ottima che, dal piano del ponte sale a Corsagna e taglia le Pizzorne andando verso il sud, allora ci appare un collegamento diverso non diretto a Lucca, ma alla città di Pistoia e soprattutto a Firenze. E’ un’ipotesi su cui sto studiando e presto presenterò.
Dunque, come ho detto ed è noto, il Camino di Santiago diventa uno solo dopo i passi pineraici del Somport o Roncisvalle (ma ci sono altri cammini spagnoli concorrenti) mentre, sia in Francia che in Italia ed altrove, ci sono cammini nazionali che convergono ai quei passi. Notissimi sono i cammini francesi ma il più basso, detto “tolosano”, arriva a Santiago da Tolosa, Arles, Saint Gilles e la Provenza provenendo dall’Italia.
Ecco, il tratto che da Pistoia (capitale jacopea italiana) le Pizzorne e il Ponte del Diavolo si immette lungo la Garfagnana, coincidendo con la Via del Volto Santo per un lungo tratto, e valica a San Nicolao di Tea, scende verso la Bocca di Magra e, da lì, segue la costa ligure (il Sentiero Liguria) fino a Genova e Ventimiglia per arrivare appunto a Arles, Saint Gilles e Tolosa è la strada che ho progettato e che la Garfagnana Epic Asd sta tabellando.
Quel simbolo della conchiglia (la valva jacopea) del Cammino Italiano di Santiago può a buon diritto, dunque, stare in quel logo perché siamo sulla via che dall’Italia porta in Francia, in Spagna ed a Santiago de Compostela.
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