- Maestra Duse, ci dà una mano?
- Abbiamo bisogno di lei, delle sue idee e del suo pennello.
E la risposta ci fu: la Duse pensò progettò, pitturò lassù nell’altana della Giulia Carnicelli dove nelle notti “bianche” dal sapore di Palio, arrivava l’odore (spesso soltanto quello) delle profumate pizze delle donne mogli e madri.
E’ in questo clima che nacque, crebbe e brillò quel luminoso carro che si chiamò “Minestrella”; al seguito ”focacce leve” e “I cicciori”.
Fu vinto nel 1974 dal Rione Monticello il Miglior Complesso Folkloristico. La vittoria fu seguita da commenti pungenti. “Si, Palio degli scappini, che sono piaciuti a ...” (Nella sfilata, i figuranti avevano calzato gli scappini, calzatura tipica gallicanese).
Il lavoro dei contendenti si faceva sentire, ma era parte essenziale della gara che rendeva Gallicano un alveare, dove il ronzio a più colori, era sempre quello: “Quest’anno si vince noi!”
Ogni paese di un territorio ha la sua storia, cultura, dialetto e tradizioni, soprattutto culinarie. Anche Gallicano è uno di questi paesi, ma per quanto riguarda la tradizione culinaria, Gallicano paese ha una sua ricetta particolare non riscontrabile in altri paesi anche al di fuori della nostra Provincia di Lucca: la minestrella.
Questa ricetta storica ultracentenaria,
che si perde nella notte dei tempi, è una
minestra che può essere fatta con tantissime
erbe di campo oltre trenta varietà,
in gergo locale “erbi boni”.
Come nasce un piatto storico con prodotti
esclusivamente del territorio? Questo
è un piatto con ingredienti semplici
messi a disposizione da madre natura
senza doverli coltivare e che l’ingegno e
la conoscenza dei contadini di una volta,
sapevano distinguere molto bene.
Tutti
erbi, che oggi definiamo come fitoalimurgia,
nel tempo chiamati ovviamente
con nomi dialettali. Questa conoscenza,
tramandata oralmente da secoli di generazione
in generazione, fino agli anni
sessanta del secolo scorso, oggi purtroppo
sta scomparendo, causa l’evoluzione
industriale e tecnologica mondiale.
Gallicano, nei tempi passati, era un
paese di contadini e non avendo grandi
poderi da coltivare, gli uomini andavano
a fare anche lavori stagionali in Corsica e
altre zone, pertanto le donne dovevano
farsi carico, oltre che lavorare nei campi,
sfamare le loro famiglie nei momenti
più difficili.
Da considerare che Gallicano,
a diversità dei paesi garfagnini, era
in fondovalle lungo il fiume Serchio, con
poche selve di castagno e lontane, sul
monte Palodina, rispetto gli altri paesi
che erano contornati da castagni e avevano
a disposizione più farina di neccio
per nutrirsi giornalmente.
Allora, le
donne del paese, avendo questa conoscenza
fitoalimurgica, rimediavano, raccogliendo
nei loro campi diversi tipi di
erbi e li cucinavano in vari modi. Il piatto
base era composto da queste varietà di
erbi lessati in acqua con fagioli giallorini
e l’aggiunta, quando c’era, di un pezzetto
di lardo, osso di maiale o cotenne
come condimento, che trovavano in
base alla stagionalità.
Per quanto riguarda
la minestrella di Gallicano, non esiste
una vera e propria ricetta, in quanto gli
erbi non erano mai gli stessi da una famiglia
all’altra, oltre poi alla stagione di
raccolta.
In base alla possibilità di scelta
di erbi amari o dolci a disposizione del
momento, questa ovviamente poteva
essere più o meno saporita, ma in quei
tempi di miseria ovviamente non avevano
tempo per queste sofisticazioni.
Riporto qui sotto la ricetta base della minestrella.
Principali erbi usati:
Scabiosa columbaria “sporta vecchia”, Bellis perennis “margheritine”, Crepis leodontoides
“tassella”, Crepis sancta “cassellora”, Crepis vesicaria “radicchiella”, Cichorium
intibus “radicchio selvatico”, Cirsium arvense “stoppione”, Daucus carota “pastineggio”,
Foeniculum vulgaris “finocchio selvatico”, Hypochoeris radicata “ingrassaporci”,
Papaver rhoaes “rosolaccio”, Plantago lanceolata “orecchie d’asino”, Plantago
major “lingua di vacca”, Ranunculus ficaria “favagello”, Reichardia picroides “sassaiolo”,
Silene alba “orecchiette”, Silene vulgaris “strigolo”, Soncus asper “cicerbita”,
Symphytum tuberosum “salosso”, Taraxacum officinale “piscialletto”, Campanula
trachelium “pizza corni”, Lapsana communis “lassana”, Primula vulgaris “primola”,
Raphanus raphanistrum “cavolo selvatico”, Rumex acetosa “zezzora”, Salvia pratensis
“salvia”, Sanguisorba minor “pimpinella”, Urtica dioica “ortica”, Viola odorata
“viola”.
Ricetta per 4 persone:
2 kg. Erbi freschi, 100 gr. Lardo, 500 gr. fagioli giallorini, aglio, cipolla, sale pepe.
Pulire gli erbi, affogarli nell’acqua con un poco di bicarbonato per circa mezz’ora,
successivamente lavarli bene e per quelli più amari lasciarli ancora circa due ore
nell’acqua per togliere l’amaro.
Lessare gli erbi, una volta lessati strizzarli dall’acqua
e tagliuzzarli finemente.
A parte fare un soffritto con aglio, cipolla, lardo tritato con
uno spicchio di aglio, rosmarino, a chi piace anche del peperoncino piccante.
Una
volta imbiondito, aggiungere gli erbi, una parte dei fagioli lessati e passati a purea e
una parte lasciati interi.
Allungare tutto con acqua, una parte di quella della bollitura
dei fagioli, regolare con sale e pepe.
Lasciare cuocere a fuoco lentissimo per circa due ore.
La minestrella ha una consistenza densa, ma non troppo, per dargli ancora più sapore
è consigliabile prepararla qualche ora prima e farla riposare, in tal caso la sua
consistenza aumenterà ed eventualmente potrà essere nuovamente allungata con
acqua, magari sempre della cottura dei fagioli, per riportarla a consistenza voluta.
Ottimo abbinamento a questo piatto, sono come da tradizione, i “mignecci”, focaccine
di farina di granturco o con aggiunta farina di grano, senza lievito e cotte nei testi.
Ivo Poli
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 2 luglio 2015
Ivo Poli
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 2 luglio 2015
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