Questa è una narrazione circolare.
Parte dalle donne e dagli uomini che abitavano
Fabbrica di Careggine, sulle rive
del torrente Edron affluente destro del
Serchio, sotto le alpi Apuane.
Arriva alla diga, realizzata dall’ing. Ignazio
Prinetti Castelletti tra il 1943 ed il
1953, che ha originato il lago di Vagli e
le sue acque che SELT Valdarno usa “per
trarne disciplinata energia elettrica”.
Ritorna alle donne ed agli uomini che nel
1947 se ne andarono da lì -costretti- e si
trasferirono altrove: a Gallicano ne arrivarono
più di venti, quasi un quinto di quelli
che stavano alla Fabbrica.
Dunque una narrazione circolare tra diversi
luoghi e persone.
Innanzitutto i “vaglini”, come comunemente
venivano chiamati dai gallicanesi,
non venivano da Vagli ma dal paese a
quota 533 slm sotto Careggine: appunto
Fabbriche oppure Fabbrica, come hanno
sempre detto gli autoctoni.
Si legge nel Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana, scritto da Emanuele
Repetti nel 1833: ... la comunità di
Careggine, tre miglia toscane ad ostro di
Camporgiano, nella Diocesi di Massa già di
Lucca, Ducato di Modena, consiste in 1347
abitanti suddivisi in sezioni ... tra cui il borgo
di Fabbrica con 66 abitanti.
Il paesetto è conosciuto e famoso solo
anni dopo la sua scomparsa sotto il lago,
quando viene svuotato per far manutenzione
ai condotti della diga: la prima
volta avviene nel 1954 poi nel 1968, nel
1983 ed infine nel 1994.
Un articolo sulla Domenica del Corriere
del giugno ‘54 titola infatti “un paese
scomparso”, su La Garfagnana dell’agosto
‘68 si legge “pompei in garfagnana”, su
Sette del Corriere della sera del 1994 “il
paese che appare e scompare”, su Qui Touring
del giugno 1994 il titolo è “Pompei
del ‘900 riemerge dal passato Fabbriche di
Careggine”, addirittura sull’Herald Tribune
del 31 agosto ‘94 è scritto “a tuscan
atlantis resurfaces as tourist mecca” e
sull’Informatore di Unicoop Firenze dello
stesso anno: “il paese fantasma”.
Ma l’articolo più completo esce sul mensile
Bell’Italia del novembre 1986 titolato
“piccola atlantide” che ci regala anche un
bel disegno di Francesco Corni che lo ricostruisce a volo d’uccello visto da Vergaia,
in alto ad ovest.
Non si può dire che il paese non abbia
avuto attenzione ... postuma!
Se ne era occupata anche la Settimana
INCOM 65 del 3 luglio 1947 che filmò la
gente che sfollava e con l’edizione 633
del 13 agosto 1951, quando riemerse
una prima volta ancora con i lavori di rialzamento
della diga in corso.
Subito dopo la conclusione della 2a
guerra mondiale ci abitavano in 146 e
c’erano una dozzina di ragazzi e ragazze
che frequentavano le prime quattro classi
delle scuole elementari, per la 5a andavano
a Vagli. Una delle ultime maestre fu
Letizia Mariani che avrebbe poi sposato
Mauro Lucchesi, lo stesso geometra che
aveva preparato le indennità d’esproprio
per i proprietari d’immobili e terreni ed
avrebbe progettato e costruito le case
dei “vaglini” a Gallicano, per conto di
Selt Valdarno.
Anche Don Guerrini, un
prete trentenne, veniva da Vagli per dir
messa nella piccola chiesa del 1590 a navata
unica, abside rettangolare e volta a
botte, dedicata a San Teodoro. Il medico
condotto veniva invece da Careggine, il
Comune.
Molti lavoravano per la società
elettrica ligure toscana SELT Valdarno,
che già aveva in Garfagnana altre dighe
e centrali idroelettriche, alcuni erano addetti
alla costruzione di quella accanto al
borgo che la guerra aveva fermato, altri
lavoravano la terra, allevando animali e
coltivando castagni, pochi altri commerciavano.
Qualche tempo prima parecchi
facevano i fabbri ferrai, utilizzando l’energia
del torrente Edron e giacimenti
ferrosi sul monte Tambura: una lontana
provenienza lombardo bresciana dava
cognome ai tanti Pellegrinotti ed -appunto-
Bresciani.
Gli affioramenti del paese dal lago, svuotato,
hanno sempre fatto vedere l’ultima
trentina di case più alcune dintorno ed il
ponte a tre archi sull’Edron, i suoi argini,
le recinzioni e la cappella del cimitero,
che le correnti sott’acqua degradano
sempre più.
Ben si vede la chiesa, ancora con le coperture
dell’abside ed il campanile alto,
resistono i muri perimetrali delle case
senza tetto che qualcuno aveva smontato
per farne ancora materiale da costruzione:
mezzo secolo di acque lasciano
solo scheletri.
Poca attenzione ricevettero gli abitanti,
quando nel 1947, completata la diga in
costruzione dal ‘41, furono allontanati:
vecchi e bimbetti, tutti, sopra sarebbero
arrivati più di 80 metri di acqua.
I proprietari di immobili e terreni furono
indennizzati e poterono scegliere dove
andare ad abitare in case costruite dalla
stessa Selt-Valdarno oppure acquistate,
gli altri nulla.
Fu una diaspora.
Una delle tante famiglie Bresciani andò
a Fornaci di Barga, qualcuno si trasferì in
Svizzera ed in Australia, a Castelnuovo
Garfagnana ed a Vagli, a pochi chilometri,
i Giannecchini si trasferirono a Bolognana.
Una delle famiglie Pellegrinotti
anni prima era ritornata da San Paolo
di Brasile: rientrati dall’emigrazione avevano
costruito una bella grande casa
accanto alla chiesa. Armida se ne andò a
Pian della Rocca, Lola a Lucca: Dina, Pietro
e Bernardino si trasferirono a Vergaia
subito fuori dal lago, su verso Careggine.
Le acque presero il posto delle due stanze
di una casa Pellegrinotti sull’Edron,
usate dalla Scuola elementare.
Furono allagate quelle della trattoria gestita
dai Bresciani, accanto al campanile
e pure il mulino poco oltre il ponte sul
torrente.
Il ponte in pietra costituiva un
attraversamento della strada Vandelli,
abate ingegnere, realizzata ai tempi di
Francesco III d’Este alla metà del ‘700,
che collegava Modena con Massa traversando
avventurosamente Appennino ed
Apuane.
A Gallicano, in quella che sarà via Traversa
e poi della Repubblica a trecento
metri dalla centrale idroelettrica, direttore
dei lavori il geometra Lucchesi, furono
iniziate a esser costruite fin dal 1944, ben
in fila, quattro unifamiliari -piano terra e
primo- ed una più grande casa quadrifamiliare.
Si vedono bene in una foto d’epoca
pubblicata nel librino fotografico
di Daniele Saisi, Gallicano in Garfagnana
nella prima metà del ‘900, sotto la chiesetta
di Santa Maria in Panizza.
Arrivarono più di una ventina di “vaglini”.
Nella prima casa su via Giovanni Pascoli,
verso la chiesetta di Santa Maria vennero
a stare Luigi Bresciani e sua mamma Maria
sopranominata “schioppo”. Nell’altra
accanto Chiara Bresciani con le tre figlie
Ettorina, Maria, Bice ed il figlio Domenico.
Più giù vennero ad abitare Maria
Pellegrinotti, Aldegonda madre di Maria,
Laura e Laerte, poi Giuliano, Linda, i
giovani Carlo ed Emma, Annunziata ed
Antonio detto “tono”, Giovanni Ardelio.
Nella grande ci stava anche America ovviamente
chiamata “merica”.
Nell’ultima casa della fila Domenico Geremia
Gigli ed un’altra Pellegrinotti: Annunziata
ed i figli Mario e Carlo.
A molti di loro e tutti imparentati, la società
elettrica aveva tolto il paese ma
continuava ad offrire lavoro.
A Gallicano dove in quegli anni ci abitavano
non più di 1700 persone i “vaglini”
erano il 2% ... un bel gruppo chiuso, isolato
ai margini del paese verso nord est.
Poi arrivò la contaminazione e negli anni
successivi molti giovani misero su famiglia,
taluni si spostarono anche per lavoro,
altre sposarono gallicanesi. Nacquero
Guido, Maurizio e Maria Luisa Simonini.
Giuliana Saisi, Clara e Domenico Gigli.
Con il cognome Pellegrinotti arrivarono
Antonella, Lorenzo, Elisa, Floriano ed
Ardelio Giovanni.
Quest’ultimo ha fatto
il consigliere comunale ed il Sindaco di
Gallicano per 24 anni.
Conosco Clara da quarantasei anni e siamo
oramai sposati da quarant’uno.
Sua zia Bice, una delle ultime ultraottantenni
nate alla Fabbrica, ha dato mano
con i nomi delle persone e memoria dei
fatti, scusando le dimenticanze.
Adolfo Moni - L'Aringo di Gallicano n. 9 marzo 2017