ACQUISTO PRIMA CASA
L’acquisto come “prima casa” permette di pagare imposte ridotte:
se si compra da un privato, l’imposta di registro al 2% anziché al 9% sul valore catastale;
se si compra da un’impresa con vendita soggetta a Iva, il 4% anziché il 10% (o il 22% per immobili di lusso).
Per pagare le tasse come “prima casa” – tra l’altro – non bisogna possedere altri immobili acquistati con la stessa agevolazione. Inoltre, la casa deve trovarsi nel Comune in cui il contribuente abbia o trasferisca entro 18 mesi la residenza.
Le condizioni per avere la “prima casa” sono molto complesse e si sono, da ultimo, arricchite della possibilità di vendere la vecchia casa già comprata con il bonus entro 12 mesi dall’acquisto di quella nuova (legge di Stabilità per il 2016 articolo 1, comma 55).
D’altra parte, tra “prima casa” e prelievo al 9% il salto è grande: ad esempio, su un alloggio con rendita catastale di 500 euro si passa da 1.155 a 5.670 euro di imposta. Non stupisce, allora, che per Scenari Immobiliari nel 2016 l’80% delle case siano state comprate come “prima casa”.
DETRAZIONE DELL’IVA
Chi acquista dal costruttore, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, case in classe energetica A o B, ha diritto a detrarre dall’Irpef il 50% dell’Iva pagata in relazione all’acquisto.
La detrazione va divisa in dieci rate, a partire dall’anno del rogito.
Ad esempio, chi compra nel 2017 come “prima casa” un alloggio a 250.000 euro, versa 10.000 euro di Iva (4%). La detrazione totale è pari a 5.000 euro e la prima rata, da 500 euro, si sconta dall’Irpef nella dichiarazione reddituale presentata nel 2018.
La misura, prevista per 12 mesi dalla legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 56), non è stata riproposta dalla legge di Bilancio 2017 ed è stata ripescata nella conversione del Milleproroghe (legge 19/2017): un’incertezza che non ha aiutato il mercato.
Lo sconto riguarda una frazione del mercato: secondo Scenari Immobiliari le case in classe A e B sono il 15,8% di quelle comprate nel 2016. Il bonus è rilevante, ma la convenienza dipende da quanto si spende rispetto all’acquisto di una casa in un’altra classe o da ristrutturare.
DEDUZIONE DEL 20%
Ai privati che acquistano una casa nuova o integralmente ristrutturata e la affittano a un canone non superiore a quello concordato per almeno otto anni spetta una deduzione Irpef pari al 20% sul prezzo (o costo) fino a 300mila euro (utilizzabile anche per la costruzione).
La casa dev’essere in classe energetica A o B. La deduzione si recupera in otto anni. Prevista dal 2014 (Dl 133/2014, articolo 21), la deduzione vale per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2017.
Non è cumulabile con i bonus sui lavori.
I requisiti di efficienza sono molto stringenti per immobili da affittare.
La misura, di fatto, è appetibile solo se si riesce ad acquistare a buon prezzo l’invenduto dei costruttori (per l’invenduto il bonus si applica allo stock giacente al 12 novembre 2014).
Se la casa non è in un centro ad alta tensione abitativa, bisogna risalire all’intesa locale del Comune demograficamente omogeneo più vicino per individuare il canone massimo.
Spesso, se si compra una casa da ristrutturare e affittare, la detrazione sui lavori è più conveniente.
SPESE D’AGENZIA
Quando si acquista un immobile da adibire ad abitazione principale, si ha diritto a una detrazione del 19% sulle provvigioni e compensi pagati per l’attività di intermediazione immobiliare comunque denominati (articolo 15, comma 1, lettera b-bis del Tuir).
L’importo su cui calcolare la detrazione è 1.000 euro, cifra mediamente molto più bassa della provvigione. La detrazione (che arriva al massimo a 190 euro) si divide in base alle quote tra gli eventuali comproprietari.
Il bonus incide poco sul totale delle spese accessorie sostenute dall’acquirente e non scoraggia il pagamento di una parte della provvigione in nero.
Nelle dichiarazioni relative al 2015 la detrazione è stata utilizzata da 92.265 persone. Nello stesso anno, secondo Scenari immobiliari, le agenzie hanno intermediato 247.500 compravendite di case. Il dato include anche le seconde case, ma la differenza dimostra – se non altro – una scarsa informazione dei contribuenti, visto che la mediazione va indicata nel rogito.
LEASING ABITATIVO
Il conduttore di un contratto di leasing per la prima abitazione ha una detrazione Irpef del 19% calcolata su canoni di leasing fino a 8mila euro l’anno, a patto che il reddito non sia superiore a 55mila euro annui.
Anche il prezzo di riscatto è detraibile fino a un importo massimo di 20mila euro.
La misura è operativa dal 2016 perché contenuta nella legge di Stabilità (208/2015, commi 75 e seguenti). È pensata per i giovani: oltre i 35 anni di età gli importi detraibili si dimezzano.
I vantaggi fiscali sono evidenti, perché la detrazione si applica su tutto il canone, ma il mutuo in questa fase gode quasi sempre di tassi d’interesse inferiori.
Inoltre, secondo Assilea sono solo sei le banche che erogano il leasing abitativo.
Da monitorare, per il concedente, il rischio morosità: secondo l’interpretazione prevalente del Testo unico bancario – dopo il Dlgs 72/2016 –, è possibile avviare le procedure per ottenere il rilascio dell’immobile solo dopo 18 rate di canone non versate.
RENT TO BUY
Mutuata dal diritto anglosassone, è una formula che ha trovato una disciplina specifica nel 2014 (articolo 23, Dl 133).
È un contratto “misto” con cui un soggetto affitta una casa imputando parte del canone al prezzo del futuro acquisto. Poi – dopo un massimo 10 anni – può acquistare il bene, detraendo dal prezzo la parte dei canoni pagati “in conto prezzo”.
In caso di morosità, il contratto si risolve con il mancato pagamento di un numero minimo di canoni non inferiori a un ventesimo del totale.
Questa formula doveva servire ad aprire il mercato ai giovani e in generale a chi non riesce a ottenere un mutuo. Resta però l’incognita della morosità, da non sottovalutare se il compratore è economicamente fragile. Inoltre, è difficile “dosare” le due componenti del canone mensile: se la quota pagata per locare il bene è troppo alta, l’inquilino non ha margini per iniziare a pagare il prezzo d’acquisto; se è troppo bassa, al locatore-venditore l’operazione non conviene.
INTERESSI SUL MUTUO
La detrazione Irpef del 19% sugli interessi relativi a mutui per l’acquisto dell’abitazione principale è uno dei bonus più usati, anche perché secondo l’Omi nel 2016 il 48,5% degli acquisti di case da parte di privati è avvenuto con il mutuo. La detrazione si calcola su un importo fino a 4.000 euro.
A parte il caso dell’immobile in ristrutturazione o locato, il bonus spetta a patto che l’alloggio sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto, e che l’acquisto avvenga nell’anno precedente o seguente al mutuo.
Per le Finanze, nel 2016 il bonus è stato usato da 3,6 milioni di contribuenti, per una detrazione media di 264 euro su una spesa di 1.391 euro (pesa, tra l’altro, il fatto che nei mutui cointestati lo sconto si divide).
Il bonus fiscale – previsto dall’articolo 15, lettera b) del Tuir – è ormai rodato e non presenta particolari criticità. Essendo condizionato all’uso dell’alloggio come “abitazione principale” spetta anche su immobili acquistati senza la tassazione “prima casa”.
SOSTITUTIVA SUL MUTUO
Le aliquote dell’imposta pagata da chi contrae il mutuo sono state ridefinite dal 1° gennaio 2008 (legge 244/2007, articolo 1, comma 160):
0,25% se il mutuo finanzia l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di una casa per il cui acquisto sarebbe utilizzabile lo sconto “prima casa”, purché il mutuatario lo dichiari nel contratto di mutuo;
2% se il mutuo è diretto a finanziare l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di un’abitazione per cui non si può avere la “prima casa” o se manca la dichiarazione nel contratto.
Il meccanismo non è immediato: l’aliquota ridotta dipende dal rispetto delle condizioni per cui un altro contratto, quello di compravendita, potrebbe essere agevolato (ma la norma lo non impone).
Il prelievo “standard”, nel caso della sostitutiva, è otto volte più pesante di quello ridotto: ad esempio, sul capitale medio del prestito rilevato dall’Omi – 119.600 euro – si passa da 299 a 2.392 euro. Un divario penalizzante per chi non può avere la riduzione.
ABITAZIONI DI LUSSO
Tra le condizioni che precludono la possibilità di acquistare un’abitazione con la tassazione agevolata “prima casa” c’è la classificazione dell’immobile nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi).
Il requisito catastale è stato introdotto per le compravendite soggette all’imposta di registro dal 1° gennaio 2014. Poi, dal 13 dicembre 2014 è stato esteso agli atti soggetti a Iva dal Dlgs 175/2014 (prima valeva la nozione di lusso dettata dal Dm 1072/1969).
Il criterio catastale non fotografa il reale pregio degli immobili. Molte ville, ad esempio, non sono accatastate come A/8.
Le unità nelle categorie più tassate, inoltre, sono lo 0,21% del totale: quindi si ha una tassazione che penalizza solo pochi proprietari (e non sempre a ragione).
In modo forse poco lineare, il Dm del 1969 viene ancora usato per stabilire se sugli acquisti in Iva non “prima casa” vada applicata l’aliquota del 22 per cento.
CASE RISTRUTTURATE
Operativa dal 2002, la detrazione scatta in caso di acquisto di case in fabbricati interamente ristrutturati dalle imprese, purché l’acquisto avvenga entro 18 mesi dalla fine dei lavori (fino al 2014 era sei mesi).
Il bonus vale anche per l’assegnazione effettuata da cooperative edilizie.
La detrazione si applica a forfait sul 25% del prezzo d’acquisto o di assegnazione ed è pari al 50% su un importo massimo di 96mila euro fino al 31 dicembre (dal 2018 torna il 36% su 48mila euro).
È una misura applicata da ormai molti anni, che non presenta particolari criticità e ha beneficiato dell’allungamento a 18 mesi del termine per la vendita, scattato dal 1° gennaio 2015. Una sorta di extra-time che ha aiutato le imprese a smaltire parte dell’invenduto.
Il limite principale è che gli interventi di recupero devono riguardare interi fabbricati ed essere “pesanti”: restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia come definiti dal Dpr 380/2001.
ASTE GIUDIZIARIE
Le case comprate all’asta scontano l’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 200 euro l’una, ma se l’acquirente è un privato deve mantenere la proprietà dell’immobile per almeno cinque anni.
L’agevolazione è nata con il Dl 18/2016 ed è in vigore dal 22 febbraio 2016. Decaduta a fine 2016, è stata poi prorogata di altri sei mesi fino a giugno prossimo.
La misura è pensata principalmente per alleggerire le banche costrette a svalutare gli immobili gravati da mutui.
Agevolazione di breve (e incerta) durata: in vigore per meno di un anno, poi ripescata con la legge di Bilancio 2017 per soli sei mesi. Un arco di tempo molto breve che non ha aiutato i potenziali compratori a pianificare l’investimento.
Per fluidificare il mercato manca il portale delle aste pubbliche atteso dal 2015.
Non manca, invece, l’offerta di immobili: il centro studi Sogeea stima che il numero delle case all’asta sia aumentato del 10% nel secondo semestre 2016 salendo a quota 33.304.
ACQUISTO BOX AUTO
Tra i lavori premiati dalla detrazione per il recupero edilizio c’è anche la costruzione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune (articolo 16-bis, comma 1, lettera d, del Tuir).
La detrazione è €prorogata al 50% su 96.000 euro fino al 31 dicembre 2017.
Possono avere la detrazione anche gli acquirenti di box o posti auto pertinenziali già realizzati: il bonus si calcola sul costo di costruzione della pertinenza, attestato dal venditore.
L’agevolazione non è nuova, ma continua a essere oggetto di chiarimenti.
Ad esempio, anche se i pagamenti vanno eseguiti con bonifico “parlante”, la circolare 43/E/2016 ha ammesso il bonus, a certe condizioni, anche se non si paga l’acquisto con bonifico.
Le pertinenze hanno un certo peso sul mercato. Solo nel 2016 – rileva l’Omi – ne sono state comprate 411.003, il 67% delle unità non residenziali.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 27-03-17
L’acquisto come “prima casa” permette di pagare imposte ridotte:
se si compra da un privato, l’imposta di registro al 2% anziché al 9% sul valore catastale;
se si compra da un’impresa con vendita soggetta a Iva, il 4% anziché il 10% (o il 22% per immobili di lusso).
Per pagare le tasse come “prima casa” – tra l’altro – non bisogna possedere altri immobili acquistati con la stessa agevolazione. Inoltre, la casa deve trovarsi nel Comune in cui il contribuente abbia o trasferisca entro 18 mesi la residenza.
Le condizioni per avere la “prima casa” sono molto complesse e si sono, da ultimo, arricchite della possibilità di vendere la vecchia casa già comprata con il bonus entro 12 mesi dall’acquisto di quella nuova (legge di Stabilità per il 2016 articolo 1, comma 55).
D’altra parte, tra “prima casa” e prelievo al 9% il salto è grande: ad esempio, su un alloggio con rendita catastale di 500 euro si passa da 1.155 a 5.670 euro di imposta. Non stupisce, allora, che per Scenari Immobiliari nel 2016 l’80% delle case siano state comprate come “prima casa”.
DETRAZIONE DELL’IVA
Chi acquista dal costruttore, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, case in classe energetica A o B, ha diritto a detrarre dall’Irpef il 50% dell’Iva pagata in relazione all’acquisto.
La detrazione va divisa in dieci rate, a partire dall’anno del rogito.
Ad esempio, chi compra nel 2017 come “prima casa” un alloggio a 250.000 euro, versa 10.000 euro di Iva (4%). La detrazione totale è pari a 5.000 euro e la prima rata, da 500 euro, si sconta dall’Irpef nella dichiarazione reddituale presentata nel 2018.
La misura, prevista per 12 mesi dalla legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 56), non è stata riproposta dalla legge di Bilancio 2017 ed è stata ripescata nella conversione del Milleproroghe (legge 19/2017): un’incertezza che non ha aiutato il mercato.
Lo sconto riguarda una frazione del mercato: secondo Scenari Immobiliari le case in classe A e B sono il 15,8% di quelle comprate nel 2016. Il bonus è rilevante, ma la convenienza dipende da quanto si spende rispetto all’acquisto di una casa in un’altra classe o da ristrutturare.
DEDUZIONE DEL 20%
Ai privati che acquistano una casa nuova o integralmente ristrutturata e la affittano a un canone non superiore a quello concordato per almeno otto anni spetta una deduzione Irpef pari al 20% sul prezzo (o costo) fino a 300mila euro (utilizzabile anche per la costruzione).
La casa dev’essere in classe energetica A o B. La deduzione si recupera in otto anni. Prevista dal 2014 (Dl 133/2014, articolo 21), la deduzione vale per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2017.
Non è cumulabile con i bonus sui lavori.
I requisiti di efficienza sono molto stringenti per immobili da affittare.
La misura, di fatto, è appetibile solo se si riesce ad acquistare a buon prezzo l’invenduto dei costruttori (per l’invenduto il bonus si applica allo stock giacente al 12 novembre 2014).
Se la casa non è in un centro ad alta tensione abitativa, bisogna risalire all’intesa locale del Comune demograficamente omogeneo più vicino per individuare il canone massimo.
Spesso, se si compra una casa da ristrutturare e affittare, la detrazione sui lavori è più conveniente.
SPESE D’AGENZIA
Quando si acquista un immobile da adibire ad abitazione principale, si ha diritto a una detrazione del 19% sulle provvigioni e compensi pagati per l’attività di intermediazione immobiliare comunque denominati (articolo 15, comma 1, lettera b-bis del Tuir).
L’importo su cui calcolare la detrazione è 1.000 euro, cifra mediamente molto più bassa della provvigione. La detrazione (che arriva al massimo a 190 euro) si divide in base alle quote tra gli eventuali comproprietari.
Il bonus incide poco sul totale delle spese accessorie sostenute dall’acquirente e non scoraggia il pagamento di una parte della provvigione in nero.
Nelle dichiarazioni relative al 2015 la detrazione è stata utilizzata da 92.265 persone. Nello stesso anno, secondo Scenari immobiliari, le agenzie hanno intermediato 247.500 compravendite di case. Il dato include anche le seconde case, ma la differenza dimostra – se non altro – una scarsa informazione dei contribuenti, visto che la mediazione va indicata nel rogito.
LEASING ABITATIVO
Il conduttore di un contratto di leasing per la prima abitazione ha una detrazione Irpef del 19% calcolata su canoni di leasing fino a 8mila euro l’anno, a patto che il reddito non sia superiore a 55mila euro annui.
Anche il prezzo di riscatto è detraibile fino a un importo massimo di 20mila euro.
La misura è operativa dal 2016 perché contenuta nella legge di Stabilità (208/2015, commi 75 e seguenti). È pensata per i giovani: oltre i 35 anni di età gli importi detraibili si dimezzano.
I vantaggi fiscali sono evidenti, perché la detrazione si applica su tutto il canone, ma il mutuo in questa fase gode quasi sempre di tassi d’interesse inferiori.
Inoltre, secondo Assilea sono solo sei le banche che erogano il leasing abitativo.
Da monitorare, per il concedente, il rischio morosità: secondo l’interpretazione prevalente del Testo unico bancario – dopo il Dlgs 72/2016 –, è possibile avviare le procedure per ottenere il rilascio dell’immobile solo dopo 18 rate di canone non versate.
RENT TO BUY
Mutuata dal diritto anglosassone, è una formula che ha trovato una disciplina specifica nel 2014 (articolo 23, Dl 133).
È un contratto “misto” con cui un soggetto affitta una casa imputando parte del canone al prezzo del futuro acquisto. Poi – dopo un massimo 10 anni – può acquistare il bene, detraendo dal prezzo la parte dei canoni pagati “in conto prezzo”.
In caso di morosità, il contratto si risolve con il mancato pagamento di un numero minimo di canoni non inferiori a un ventesimo del totale.
Questa formula doveva servire ad aprire il mercato ai giovani e in generale a chi non riesce a ottenere un mutuo. Resta però l’incognita della morosità, da non sottovalutare se il compratore è economicamente fragile. Inoltre, è difficile “dosare” le due componenti del canone mensile: se la quota pagata per locare il bene è troppo alta, l’inquilino non ha margini per iniziare a pagare il prezzo d’acquisto; se è troppo bassa, al locatore-venditore l’operazione non conviene.
INTERESSI SUL MUTUO
La detrazione Irpef del 19% sugli interessi relativi a mutui per l’acquisto dell’abitazione principale è uno dei bonus più usati, anche perché secondo l’Omi nel 2016 il 48,5% degli acquisti di case da parte di privati è avvenuto con il mutuo. La detrazione si calcola su un importo fino a 4.000 euro.
A parte il caso dell’immobile in ristrutturazione o locato, il bonus spetta a patto che l’alloggio sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto, e che l’acquisto avvenga nell’anno precedente o seguente al mutuo.
Per le Finanze, nel 2016 il bonus è stato usato da 3,6 milioni di contribuenti, per una detrazione media di 264 euro su una spesa di 1.391 euro (pesa, tra l’altro, il fatto che nei mutui cointestati lo sconto si divide).
Il bonus fiscale – previsto dall’articolo 15, lettera b) del Tuir – è ormai rodato e non presenta particolari criticità. Essendo condizionato all’uso dell’alloggio come “abitazione principale” spetta anche su immobili acquistati senza la tassazione “prima casa”.
SOSTITUTIVA SUL MUTUO
Le aliquote dell’imposta pagata da chi contrae il mutuo sono state ridefinite dal 1° gennaio 2008 (legge 244/2007, articolo 1, comma 160):
0,25% se il mutuo finanzia l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di una casa per il cui acquisto sarebbe utilizzabile lo sconto “prima casa”, purché il mutuatario lo dichiari nel contratto di mutuo;
2% se il mutuo è diretto a finanziare l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di un’abitazione per cui non si può avere la “prima casa” o se manca la dichiarazione nel contratto.
Il meccanismo non è immediato: l’aliquota ridotta dipende dal rispetto delle condizioni per cui un altro contratto, quello di compravendita, potrebbe essere agevolato (ma la norma lo non impone).
Il prelievo “standard”, nel caso della sostitutiva, è otto volte più pesante di quello ridotto: ad esempio, sul capitale medio del prestito rilevato dall’Omi – 119.600 euro – si passa da 299 a 2.392 euro. Un divario penalizzante per chi non può avere la riduzione.
ABITAZIONI DI LUSSO
Tra le condizioni che precludono la possibilità di acquistare un’abitazione con la tassazione agevolata “prima casa” c’è la classificazione dell’immobile nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi).
Il requisito catastale è stato introdotto per le compravendite soggette all’imposta di registro dal 1° gennaio 2014. Poi, dal 13 dicembre 2014 è stato esteso agli atti soggetti a Iva dal Dlgs 175/2014 (prima valeva la nozione di lusso dettata dal Dm 1072/1969).
Il criterio catastale non fotografa il reale pregio degli immobili. Molte ville, ad esempio, non sono accatastate come A/8.
Le unità nelle categorie più tassate, inoltre, sono lo 0,21% del totale: quindi si ha una tassazione che penalizza solo pochi proprietari (e non sempre a ragione).
In modo forse poco lineare, il Dm del 1969 viene ancora usato per stabilire se sugli acquisti in Iva non “prima casa” vada applicata l’aliquota del 22 per cento.
CASE RISTRUTTURATE
Operativa dal 2002, la detrazione scatta in caso di acquisto di case in fabbricati interamente ristrutturati dalle imprese, purché l’acquisto avvenga entro 18 mesi dalla fine dei lavori (fino al 2014 era sei mesi).
Il bonus vale anche per l’assegnazione effettuata da cooperative edilizie.
La detrazione si applica a forfait sul 25% del prezzo d’acquisto o di assegnazione ed è pari al 50% su un importo massimo di 96mila euro fino al 31 dicembre (dal 2018 torna il 36% su 48mila euro).
È una misura applicata da ormai molti anni, che non presenta particolari criticità e ha beneficiato dell’allungamento a 18 mesi del termine per la vendita, scattato dal 1° gennaio 2015. Una sorta di extra-time che ha aiutato le imprese a smaltire parte dell’invenduto.
Il limite principale è che gli interventi di recupero devono riguardare interi fabbricati ed essere “pesanti”: restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia come definiti dal Dpr 380/2001.
ASTE GIUDIZIARIE
Le case comprate all’asta scontano l’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 200 euro l’una, ma se l’acquirente è un privato deve mantenere la proprietà dell’immobile per almeno cinque anni.
L’agevolazione è nata con il Dl 18/2016 ed è in vigore dal 22 febbraio 2016. Decaduta a fine 2016, è stata poi prorogata di altri sei mesi fino a giugno prossimo.
La misura è pensata principalmente per alleggerire le banche costrette a svalutare gli immobili gravati da mutui.
Agevolazione di breve (e incerta) durata: in vigore per meno di un anno, poi ripescata con la legge di Bilancio 2017 per soli sei mesi. Un arco di tempo molto breve che non ha aiutato i potenziali compratori a pianificare l’investimento.
Per fluidificare il mercato manca il portale delle aste pubbliche atteso dal 2015.
Non manca, invece, l’offerta di immobili: il centro studi Sogeea stima che il numero delle case all’asta sia aumentato del 10% nel secondo semestre 2016 salendo a quota 33.304.
ACQUISTO BOX AUTO
Tra i lavori premiati dalla detrazione per il recupero edilizio c’è anche la costruzione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune (articolo 16-bis, comma 1, lettera d, del Tuir).
La detrazione è €prorogata al 50% su 96.000 euro fino al 31 dicembre 2017.
Possono avere la detrazione anche gli acquirenti di box o posti auto pertinenziali già realizzati: il bonus si calcola sul costo di costruzione della pertinenza, attestato dal venditore.
L’agevolazione non è nuova, ma continua a essere oggetto di chiarimenti.
Ad esempio, anche se i pagamenti vanno eseguiti con bonifico “parlante”, la circolare 43/E/2016 ha ammesso il bonus, a certe condizioni, anche se non si paga l’acquisto con bonifico.
Le pertinenze hanno un certo peso sul mercato. Solo nel 2016 – rileva l’Omi – ne sono state comprate 411.003, il 67% delle unità non residenziali.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 27-03-17
Nessun commento:
Posta un commento