Ut vivam vera vita
Sacellum Divo Iohanni Baptistae
Dicatum Innocenti VIII
Pontificis Maximi Iussi ex Plebis
Vetustae Ruinis Edificari
Curavit Dominicus Brtinus
De Gallicano Lucensis Apostolicus
Secretarius Salutis Anno
MCCCCLXXXVI
Questa l'epigrafe che leggiamo sopra la porta principale della Pieve di Gallicano.
Fu dunque ancora il Bertini a far costruire con il proprio denaro una nuova chiesa, la Pieve di S. Giovanni battista, che sorse sopra un antico oratorio dietro la sua casa natale nei pressi del vetusto palazzo del comune, dove ha inizio la ripida via che porta alla cima della rocca dominata dalla mole imponente della chiesa parrochiale di S. Jacopo, le cui strutture architettoniche costituiscono nella media valle del Serchio uno degli esempi più puri e più conservati dell'arte romanica.
Fu dunque ancora il Bertini a far costruire con il proprio denaro una nuova chiesa, la Pieve di S. Giovanni battista, che sorse sopra un antico oratorio dietro la sua casa natale nei pressi del vetusto palazzo del comune, dove ha inizio la ripida via che porta alla cima della rocca dominata dalla mole imponente della chiesa parrochiale di S. Jacopo, le cui strutture architettoniche costituiscono nella media valle del Serchio uno degli esempi più puri e più conservati dell'arte romanica.
"Ex plebis vetustae ruinis edificati iussit...".
La decisione di usare per la nuova costruzione parte delle pietre, del legno, del ferro dell'antica chiesa plebana ormai abbandonata ed in completa rovina non fu certo dettata da ragioni di carattere economico. nei desideri del Bertini la ricostruita pieve di San Giovanni aveva un compito ideale ben definito: continuando nella comunità di Gallicano la funzione della vecchia pieve di S. Cassiano costruita alle falde del Palodina dai suoi antichi padri in un'epoca molto remota, rinnovava con il tempo, in cui il Cristianesimo aveva mosso i primi passi nella valle del Serchio e via via si era diffuso, quei vincoli che eventi bellici e l'usura implacabile del tempo fatalmente avevano infranto.
Per rimuovere il materiale della antica pieve e trasferirlo all'interno del castello senza cascare in alcuna ecclesiastica censura era necessario il permesso del Santo Padre. Innocenzo VIII, sollecitato senz'altro dal Bertini, di cui, come già cedemmo era segretario, con bolla datata 26 novembre 1485 così si rivolgeva agli abitanti del castello di Gallicano:
"Innocentio Papa Ottavo a diletti figliuoli, università et huomini del Castello di Gallicano, diocesi di Lucca. Diletti figlioli salute et apostolica benedittione. Avete fatto a noi di nuovo raccontare che se a voi fusse concesso licentia di disfare e guastare la Parrocchiale Chiesa Pieve chiamata di S. Giovanni Battista, la quale è deserta e così minaccia che non si spesa potervi riparare et è fuori delle mura del vostro castello in luogo slavatuco e boschivo, e di rifare et edificare un'altra chiesa in luogo che stia bene del medesimo castello sotto il nome e titolo che di sopra è detto. Certamente alle comodità vostre et alla cura dell'anome et accrescimento del divino culto pur assai si provederebbe. La qual cosa a noi bumilmente avete fatto supplicare che sopra di ciò a voi della benignità apostolica ci degnassimo essere favorevoli. Noi inclinati in questa parte dalle vostre supplicationi vi concediamo licenza e facoltà che possiate disfare et a terra pareggiare la detta parochial chiesa, et ogni materia di legno, di ferro, di sassi, di lì cavarsi possiate trasportare nella fabbrica della rocca del castello predetto e liberamente lì convertirla senza cascare in alcuna ecclesiastica censura e che niente di manco siate tenuti e deviate di nuovo edificare un'altra chiesa del medesimo nome e titolo nel dello castello in luogo che stia bene. a voi per tenore della presente e per autorità apostolica concediamo licentia parimente e facultà nonostante ciaschedune costituzioni et ordinationi apostoliche e sinodiali e statuti municipali ancora con giuramento roborati di confermatione apostolica o d'altra fermezza e tutte l'altre cose che facessero in contrario. Data a Roma, presso S. Pietro sotto l'anello del Pescatore a dì 26 novembre 1495, nell'anno secondo del nostro pontificato"
Dell'antica pieve di Gallicano conosciuta dapprima con il titolo di S. Cassiano, poi nel sec. X anche di S. Giovanni Battista, non esistono documenti autentici che ne accennino l'anno di fondazione; così, mandando elementi precisi sulle sue origini, sulla data della sua erezione, sul nome di chi ne pose le prime pietre contenuti in carte scritte nell'alto Medio evo, non ci rimane che rivolgere l'attenzione ad alcuni codici dell'Archivio della chiesa parrocchiale di S. Jacopo, dove si accenna all'origine della pieve e alle cause della sua distruzione, anche se le notizie riferite, scientificamente poco valide, perché prive della necessaria documentazione, risultano spesso avvolte in un alone di leggenda, frutto della fantasia di chi le scrisse, desiderosa di giungere alla scoperta di una verità ormai sepolta nel buio degli anni.
In un codice in cui sono raccolti fascicoli del XVI, XVII e XVIII sec. leggiamo in seconda pagina "la pieve di S. Giovanni Battista di Gallicano è antichissima e come apparisce da un libbro antico posto nell'Archivio episcopale di Lucca intitolato il "Diario Romano" fu fondata il 528 dalla contessa Adriana fuori del castello un quarto di miglio. Di poi fu rovinata da Attila, re degli Unni e vi si vedono nettamente le vestigia e il campanile detto anche oggi comunemente della Pieve".
Sulla scorta di queste notizie, anche se si volesse accettare il VI sec. come periodo in cui la pieve fu fondata, riuscirebbe assai difficile poter dare un volto a questa misteriosa contessa fondatrice del S. Cassiano soprattutto perché nessuna delle pievi della diocesi di Lucca risulta fondata da singoli privati, cosa che invece è spesso comune per altre chiese senza titolo plebanale. Riuscirebbe poi addirittura impossibile attribuire ad Attila, che mai si avventurò in imprese belliche a sud del Po, la distribuzione della Pieve di Gallicano, essendo il re degli Unni vissuto nel V secolo.
La Pieve, e qui potremmo essere più vicini alla verità, deve aver subito danni notevoli, non certamente la distribuzione, nel corso della guerra gotico-biazantina, quando il re ostrogoto Totila, nel tentativo di opporsi alla vittoriosa avanzata di Narsete, organizzò il suo esercito proprio sui rilievi appenninici dell'Italia centrale, e così anche la valla del Serchio divenne uno dei capisaldi della sua disperata e sfortunata difesa prima della battaglia di Tagina (552), in cui cadde eroicamente combattendo.
In un altro codice del sec. XVII in maniera più concisa e meno fantastica così leggiamo: "La chiesa Pieve di S. Giovanni Battista di Gallicano per essere antichissima non vi è documento che ne accenni la fondazione. Era nè primi tempi un quarto di miglio fuori della terra e restò distrutta allorché i Goti invasero l'Italia, rimanendovi anche a giorni nostri il campanile e parte di muraglia della chiesa"
Anche in questo caso, come è facile accorgersi, ogni notizia è vaga ed incerta; perciò, in mancanza di documenti più antichi relativi alla origine di questa pieve, non ci resta che affidarci al buon senso per cercare di risolvere approfittando dei contributi di altri studiosi e delle poche notizie scientificamente valide in nostro possesso l'affascinante ed arduo problema.
Le Pievi più antiche, e la nostra è certamente una di esse, sorsero alcune nella seconda metà del IV secolo, la maggior parte nel corso del V e tale evento va posto in relazione alla grande diffusione del Cristianesimo nella campagna avvenuta appunto in tale periodo e al bisogno dei fedeli sparsi qua e là in centri abitati più o meno consistenti di raccogliersi entro le pareti di un edificio per pregare.
La pieve dunque, cominciando dapprima dalle zone più lontane dalle città, nasce come frazione della diocesi con fini puramente amministrativi e si sostituisce al pagus, che in epoca romana rappresentò appunto l'unità amministrativa del territorio rurale dipendente dalla città. Il pagus a sua volta era suddiviso in numerosi vici e in uno di questi villaggi, quasi sempre in quello che si trovava al centro del territorio o per la sua natura era più facilmente raggiungibile dagli abitanti dei vici circostanti, fu edificata la chiesa chiamata anch'essa pieve, nome felicemente desunto dal contenuto, cioè dal popolo dalla plebe che si adunava dentro le sue mura.
Così Gallicano, uno dei vici più notevoli della media valle del Serchio, sorto certamente, come il nome stesso lo conferma, in epoca romana su una delle strade più importanti della regione lucchese, la via Clodia, che collegava Lucca con Parma risalendo il corso del fiume lungo la sponda destra, fu scelto come centro religioso di tutto quel territorio giacente all'ombra della Pania Secca. Proprio lì, alle falde del Palodina, fu costruita la chiesa battesimale, che gli abitanti della zona, forse nel v secolo, dedicarono a S. Cassiano. sorse in una località quasi selvaggia, in mezzo ai densi boschi di castagni che ricoprivano le pendici del monte, quasi alla maniera dei sacrali degli antichi rudi Liguri "adsueti mali", un tempo fieri abitatori di quelle contrade. Vi conduceva una strada detta appunto in seguito della "pieve vecchia", come leggiamo nel "Regestum Gallicanense" del Puccetti.
La notizia storica più antica relativa alla Pieve di Gallicano si trova in un documento dell'Archivio Arcivescovile di Lucca datato 30 giugno 997. Si tratta di un atto con cui il vescovo di Lucca Gherardo II concede a livello a Sisemondo del fu Sisemondo la metà della pieve di S. Cassiano e S. Giovanni posta in Gallicano con tutte le decime ed altri beni immobili, consistenti in case, terreni, oliveti, boschi di castagni e di querce. E' questo un documento di fondamentale importanza non solo perché rappresenta la prima vera testimonianza di una chiesa plebana in Gallicano, ma anche ci permette di conoscere con esattezza entro quali confini si estendeva, al tramonto del X secolo, il territorio soggetto alla sua giurisdizione; vi sono infatti ricordate tutte le "ecclesie", cioè le varie comunità dipendenti spiritualmente dalla pieve di Gallicano, che nell'ordine risultano le seguenti: Virgemuloi, Marciana, Burciano, Mulatiano, Cassio, Vitiano, Planitie, Elio, galicano, Guerfine, Bulignano, Grimiano, Cardoso, Buslagno, Sartuiano, Casa veccla, Cerrito, Valivo, Alio Valivo, Traserica, Liverni, Splulitiano. Rispetto alla Pieve tutte queste comunità erano situate parte a ponente sulla sommità o alle pendici dei rilievi dominati dall'alta vetta della Pania Secca, parte a mezzogiorno o a settentrione lungo la sponda destra del Serchio. Le terre al di là del fiume sulla riva sinistra appartenevano al piviere di S. Maria di Loppia, costituitosi anch'esso in tempi molto antichi.
In un altro documento dello stesso archivio la pieve di Gallicano nel secolo XI risulta ancora fiorente e ben lontana dalla decadenza e dall'abbandono riservatogli dalla sorte in un futuro che l'assoluta mancanza di notizie ci impedisce di stabilire anche approssimativamente, allorché "resa inabitabile, il Piovano portò la sua residenza nella chiesa di Sa. Jacopo dentro le mura del castello con il medesimo titolo di pievano e parroco, essendo allora quello che oggi si chiama rettore di S. Jacopo semplicemente cappellano di detta chiesa e si eleggeva in aiuto del piovano dalla comunità come chiaramente si vede da più libbri della medesima...".
Così la chiesa di S. Jacopo, nata senz'altro come chiesa castellana forse anche prima del 1000, in un tempo che purtroppo sfugge ad ogni indagine si sostituì alla Pieve stessa, priva per le ragioni già dette della possibilità di svolgere la sua funzione, e ne ereditò tutti i diritti.
Il pievano vi aveva ancora la sua dimora, allorché Domenico Bertini ricostruiva nel 1486 per la sua gente un nuovo S. Giovanni dentro le mura del castello, fra le case abbarbicate alla dura roccia della collina posta dalla natura quasi a guardia dell'estrema valle della turrite e Petrosciana, le cui limpide e fresche acque scorrono in mezzo ai verdi rilievi degradanti delle Apuane eternamente bianche fino al mitico antico fiume Serchio.
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