In questi giorni l'Istat ha pubblicato i coefficienti per tradurre i valori monetari dal 1861 in valori del 2016.
Come gli scorsi anni (leggi qui) ha aggiornato il programmino che ho chiamato "attualizzatore". (clicca qui per scaricarlo).
Come gli scorsi anni (leggi qui) ha aggiornato il programmino che ho chiamato "attualizzatore". (clicca qui per scaricarlo).
Alcuni esempi:
- 1.000.000 di lire del 1985 si traducono in 1.279,26 euro attuali.
- l'affitto di una camera doppia per studenti universitari in periferia di Pisa costava nel 1994 Lire 220.000 che equivalgono oggi ad € 175,88.
- l'Aprilia RX 50 costava nel 1990 Lire 3.990.000 che corrispondono oggi a € 3.874,05.
- 100 lire del 1900 corrispondono a 447,46 euro attuali
- divertitevi ad attualizzare i vostri importi!
Ecco un interessante articolo tratto da Il Sole 24 Ore di oggi 2301/2017 di Articolo di Rossella Cadeo.
In linea con il clima di gelo, anche la temperatura dei valori monetari resta bassa. Per il secondo anno consecutivo il coefficiente elaborato dall’Istat per la rivalutazione delle somme di denaro nel tempo, si colloca sotto la parità, a quota 0,999. Ciò significa (in teoria) che per una spesa fatta con mille euro nel 2015, oggi ne basterebbero 999. Effetto della dinamica, stentata o addirittura negativa, dell’inflazione di questi ultimi anni, a partire dal 2007, con l’innescarsi della crisi sui mercati internazionali. Si tratta di un rafforzamento (seppure minimo) del potere d’acquisto per chi quei soldi li deve spendere e, viceversa, di un indebolimento delle aspettative reddituali per il creditore.
Un caso di stretta attualità riguarda i pensionati: a fronte dell’inflazione più bassa registrata nel 2015 rispetto a quella prevista, il recupero del differenziale negativo dello 0,1% rischierebbe di produrre una decurtazione dell’assegno mensile (il ministero del Lavoro ha però predisposto un emendamento al decreto Milleproproghe per prolungare al 2017 la norma che ha consentito di non procedere al recupero già nel 2016).
Ma qual è la funzione della tabella che viene aggiornata ogni anno in gennaio dall’Istat, in occasione della pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati del precedente mese di dicembre? I coefficienti, uno per anno a partire dal 1861, costituiscono un meccanismo di rivalutazione su base annua del costo della vita: in pratica, servono per calcolare quanto si deve incrementare la somma di un determinato anno per controbilanciare il calo del potere d’acquisto di tale somma per effetto dell’inflazione registrata in quell’arco di tempo.
Se inflazione non c’è stata – come, appunto, nell’ultimo biennio –, si avrà una riduzione dell’importo.
L’utilizzo è semplice: si moltiplica l’importo in questione per il coefficiente dell’anno di riferimento e qualora l’importo fosse espresso in lire si dividerà il valore per 1.936,27. Per esempio, per il 2001 (ultimo anno di vita della lira) il coefficiente da utilizzare è 1,276: 100mila lire di allora (pari a 51,65 euro) oggi varrebbero 65,90 euro. L’operazione serve anche a scoprire come l’inflazione nel tempo non si sia riflessa in maniera univoca su tutti i prezzi di beni e servizi: alcuni (per esempio, pasta benzina e trasporti) sono cresciuti di più, altri (canone Rai e cinema) hanno faticato a tenere il passo. Questo perché su ogni voce di spesa influiscono più fattori micro e macro-economici: dalle regole del mercato al gioco tra domanda e offerta, dal miglioramento di tecnologia, efficienza e comfort all’ampliamento della concorrenza, dalla disponibilità di materie prime ai mutamenti climatici fino agli interventi commerciali, politici e sociali (vedi grafico in alto con alcuni esempi pratici).
Al di là dei “giochi” sull’evoluzione dei prezzi a 15 anni dall’introduzione dell’euro, i coefficienti Istat hanno un ruolo fondamentale per l’aggiornamento di alcuni valori specifici: tra i principali (si veda l’articolo a lato), l’assegno di mantenimento dovuto al coniuge separato o divorziato, i canoni di locazione, le spettanze arretrate per i lavoratori o per i prestatori d’opera, la rendita Inail o la pensione. A ricorrere alla tavola per motivi professionali sono imprese, commercialisti, notai, patronati ed enti di previdenza, ma anche tutti coloro che vogliono riflettere sull’andamento del potere d’acquisto della moneta.
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