Con la mente saliamo le scale
esterne, toc toc bussiamo, una voce del
passato cortesemente ci invita ad entrare,
catapultati nello scorso secolo, l’odore
del caffè sulla cucina a legna aleggia
nell’aria, lo sorseggiamo scambiando
due parole, salutiamo e ci ritroviamo in
cammino piacevolmente sorpresi per
quella piccola parentesi.
Troviamo un primo ostacolo sul cammino
un piccolo torrente, saltando da
sasso a sasso lo attraversiamo, adesso la
strada inizia a salire uno sterrato ampio
e recentemente curato con palizzate
di castagno, facciamo alcuni tornanti e
guardando sul versante opposto scorgiamo
un paese, si è Vergemoli. É un
piacere percorrere questi 4 chilometri di
tornanti contornati da castagni, per poi
arrivare a scorgere vecchi ruderi sulla
cresta che ci troviamo davanti.
Vispereglia
paesino abbandonato, lo sguardo
cade sul lavatoio del paese che troviamo
appena arrivati nella piazzetta, che bello
che doveva essere anni fa quando era
sempre vivo, ci avviciniamo, il vicolo tra
le case ci cattura tra un misto di pietre cadute
e arbusti rampicanti, con cautela lo
attraversiamo e in breve siamo sull’altra
estremità.
L’orizzonte si apre e ci regala la
vista sulle Panie, sul Forato e sul monte Croce; un senso di invidia per chi ha potuto
godere di tutto ciò svegliandosi la
mattina appena uscito di casa.
Qualche
fotografia è d’obbligo, poi svoltiamo sulla
destra e concludiamo il giro osservando
gli interni delle case, tutto è fatiscente
ma fa intravedere tracce del passato,
vecchie botti distrutte, stufe arrugginite,
muri e tetti crollati: il paesino aspetta di
rivivere, di conoscere persone che tra
quelle rovine possano scorgere una luce
che possa riaccendere il colle quando
arriva la notte.
A malincuore ripartiamo,
la strada continua in direzione di Col di Luco, ma noi scegliamo di salire per lo
stradello in salita che va verso San Pellegrinetto,
dopo qualche minuto vediamo
su un cucuzzolo Trassilico, uno sguardo
lontano, la marcia continua al tabernacolo,
prendiamo a destra e dopo poco scollettiamo”, adesso la via è agevole riprendiamo
fiato e ci godiamo il panorama
sui monti innevati.
Le prime case di
San Pellegrinetto sono vicine un comignolo
ci dà il benvenuto con nuvolette
di fumo, fuori non c’è nessuno, la nostra
attenzione cade sulla collina adiacente
e alla sua Croce, il Gallatoio, il passo
diventa corsa, siamo ansiosi di godere
della vista, eccoci arrivati, una panchina
di ferro ci invita a sederci, che pace!
Il panorama
è unico sembra di essere in elicottero,
le Apuane come anfiteatro e Col
di Luco in basso, qui su questa panchina
vorrei leggere un intero libro sfogliando
le pagine col passare delle nuvole.
Basta
sognare, il Croce è la all’orizzonte che ci
aspetta, ripartiamo prendendo la strada
asfaltata che sale nella parte alta dove è
d’obbligo una visita al caratteristico loggiato
ad archi della Chiesa.
Dai adesso la
voglia di tornare nei boschi è tanta, in
salita gli ultimi cento metri di asfalto e
poi imbocchiamo sulla destra il sentiero
Cai, finalmente è morbido sotto i piedi
e viene quasi voglia di correre, la faggeta
è uno spettacolo e l’aria si fa sempre
più fresca.
Il dislivello che ci separa dalla
vetta non è molto, addirittura dopo un tratto di salita stiamo scendendo,
ma cos’è quella grossa pietra sul nostro
cammino? Ma certo siamo a foce del
Termine, allora dai non è il momento
di rilassarsi, in marcia, un mulo, dei cani
e l‘amico boscaiolo, immagine di altri
tempi, però un vero quadro.
Il sentiero
si fa erboso, quell’ erbetta che ti invita a
sdraiarti nel piazzale di montagna con
vista spettacolare, ci fermiamo qui? Dai
mangiamo una cioccolata al volo prima
dell’ ultima salita, ecco lì davanti a noi la
vetta erbosa del Croce.
Il sole ci scalda e
anche se siamo sudati stiamo bene, una
sorsata dalla borraccia dopo aver mangiato,
via un ultimo sforzo, la salita non
è ripida, sentiero è talmente agevole,
che possano farlo anche i bambini. Arrivati!
un tocco alla Croce è d’obbligo, lo
sguardo si perde verso il mare e verso la
Pania, poi girandosi verso la diretta che
sale da Fornovolasco è fantastico, arriva
la felicità di essere sulla sua cresta come
spesso facciamo, più impegnativa ma
bellissima.
Adesso, ci spostiamo al riparo
dal vento, accarezzati dal sole invernale
possiamo rilassarci e sdraiati nell’erba assaporiamo
il gusto della montagna.
Riccardo Cheli - L'Aringo n. 8 Dicembre 2016
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