Anche in questo piccolo
paesino c’è un giovane come tanti,
che per l’arrivo della crisi economica a
livello mondiale, perde il posto di lavoro
per chiusura dell’azienda.
Ma i giovani di montagna portano nel
DNA la tenacia e la voglia di fare dei vecchi
avi e non si scoraggiano mai.
Palmiro Valdrighi, proprio a lui, giovane
quarantenne ho telefonato.
Dove sei? ti voglio parlare.
Sono dalle mie api in Campilato.
Aspettami che vengo a trovarti.
Eccolo, intorno alle sue arnie che controlla
la situazione, anche se le temperature
sono ancora buone, in Campilato
il sole ormai fino a primavera non si rivedrà,
quindi si assicura che tutto sia a
posto per l’arrivo dell’inverno.
Gli ho fatto subito la prima domanda:
Da quanto tempo fai l’apicoltore?
Da tre anni.
E prima?
Prima ho lavorato presso la
KME, dopo in mobilità per un anno, e ancora
con una ditta di edilizia che poi ha chiuso.
Come è nata questa scelta di allevare
api?
Le api mi hanno appassionato sempre
anche da ragazzo e nel momento che
sono rimasto senza lavoro, ho deciso di ricominciare
con loro.
Ho iniziato con poche arnie, e nel frattempo
ho frequentato un corso di apicoltura che
mi è servito molto; senza quello oggi non
avrei potuto fare questo percorso.
E le difficoltà incontrate in questi anni,
anche in considerazione che questa attività
è una monocoltura e come tale è
molto pericolosa se andasse male per
qualche calamità o altro?
Le difficoltà ci sono tutt’ora, anzi più aumenti
il numero di arnie e più pericolo c’è.
Oggi possiedo circa 130 arnie, ma oltre a
fare miele, riproduco nuove famiglie di api,
riproduco api regine, quindi diversifico un
poco la produzione, certamente non posso
mai voltargli le spalle.
In primavera ed estate
devo essere presente per tutti i lavori che
necessitano dal mattino a sera, dal controllo
della loro salute a riprendere gli sciami e
alla smielatura dei vari tipi di mieli.
Subito dopo le smielature comincia anche
la vendita del miele, con una clientela locale
e anche di fuori del nostro territorio,
soprattutto per il miele di acacia e castagno
che in altre parti d’Italia scarseggia.
Quest’anno ho partecipato al concorso
“Piana” a Bologna, riconosciuto a livello
mondiale, e ho vinto la Goccia d’oro per
due tipologie di miele, la “melata” e l’acacia.
In questo concorso, a chi viene attribuito
questo riconoscimento, viene inserito
in un libro dei grandi mieli d’Italia, come
“apicoltori virtuosi” e questo porta molte
richieste anche da fuori Provincia e Regione.
Nel trattamento alle mie api applico un
metodo biologico anche se non lo certifico,
e ho voluto partecipare a tale concorso anche
perchè fanno tutte le analisi chimiche,
volevo capire come era il mio miele.
Con soddisfazione è risultato tutto alla perfezione,
in assenza di qualunque inquinante
chimico all’interno del miele.
Cosa pensi del futuro?
Credo molto nel mio lavoro e mi piace, il
miele è molto ricercato, ovviamente non
devo mai abbassare la guardia e impegnarmi
al massimo senza contare le ore di
lavoro e migliorare per crescere ancora.
Ivo Poli
"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 4, Dicembre 2015.
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