Il mio articolo su "il Zappello" apparso sull'ultimo numero (dicembre 2015) de L'Aringo - Il giornale di Gallicano.
Negli ultimi anni, ciò che costituisce
motivo di orgoglio per la popolazione
di Trassilico e di ammirazione da parte
degli estranei non sono solo i tre illustri
personaggi - Antonio Vallisneri, Leopoldo
Nobili e Giovanni Pierelli -, nati e
cresciuti in questa terra dinanzi alla Pania
e al lontano Appennino, ma anche
i tre sentieri presi d’assalto dai bikers di
tutta la lucchesia: “il zappello”, “le capre”
e “piastreto”.
Tre bellissimi sentieri, ben tenuti da volontari,
che partono da Trassilico ed arrivano
all’allevamento delle trote “la Jara”.
Il più famoso è sicuramente “il zappello”,
grazie anche all’omonima marcia podistica
che si svolge ogni anno, la prima
domenica di giugno, dal 1979.
Creato nei primi anni del 1800, è lungo
2,3 Km per un dislivello di 430 metri e
regala bellissime viste panoramiche su
Verni e gli Appennini.
Era usato dai Trassilichini
per il pellegrinaggio all’Eremo
di Calomini e per portare il bestiame a
Gallicano.
Per capire l’importanza che ha avuto
nel passato “il zappello”, basta leggere
questo ricordo di Italo Pierotti.
Era l’unica strada che univa Trassilico al
resto del mondo. Frequentavamo le medie
a Gallicano, l’Eugenio Rebechi, Pierantonio
Grassi (che purtroppo non c’è più)
ed io.
Tutti i giorni, pioggia o sole, caldo o
freddo, “il zappello” era il nostro pulmino.
Quando la notte aveva nevicato molto,
attendevamo “Il Galanti” Gigi, il postino,
per scendere, era l’unico che possedeva gli
stivali e ci faceva da apripista.
La scuola si trovava dove ora c’è l’ufficio
tecnico del Comune e da lì, all’una e mezzo
partivamo per il ritorno.
Non sempre però, perché, tanto per avere
la vita facile, il giorno della settimana che
nelle ultime due ore c’era “ginnastica”, andavamo
al campo sportivo, e da lì, dalle
sponde del Serchio iniziava il nostro affamato
ritorno.
“Il zappello” l’ho sempre ricordato con affetto,
con tutte le sue tappe per posare carichi
troppo pesanti: Sapina, Molevigne,
Sardegna, la buca dei cacati e così via.
L’ho sempre considerato nei decenni successivi
(troppi purtroppo) il mio più importante
maestro di vita.
E’ dura scendere col vento che ti spinge e
col freddo che ti pungola, quando gli altri
ancora dormono, e tu a dodici anni devi
per forza andare avanti.
E’ dura, finita la scuola, farti quasi un’ora
di salita con la lingua di fuori per il caldo,
la fame e la fretta di arrivare, e quando
stavi per giungere al traguardo: ecco la
salita di Fonti “la montatella”, l’ultimo breve
ripido strappo che ti toglieva le energie
residue.
Era dura, ma imparavi subito che le difficoltà
esistono e le devi superare e se non
vuoi soccombere devi contare sulle tue
forze e la tua volontà.
Anche quando per andare al lavoro
me ne stavo “stravaccato” su treni che
viaggiavano a 200 Km all’ora, o su auto
superaccessoriate, ogni tanto mi veniva
alla mente “il Zappello”, serviva per farmi
abbassare la cresta, nel caso avessi avuto
la tentazione di darmi troppe arie.
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