sabato 26 dicembre 2015

Il Zappello di Daniele Saisi

Il mio articolo su "il Zappello" apparso sull'ultimo numero (dicembre 2015) de L'Aringo - Il giornale di Gallicano.


Negli ultimi anni, ciò che costituisce motivo di orgoglio per la popolazione di Trassilico e di ammirazione da parte degli estranei non sono solo i tre illustri personaggi - Antonio Vallisneri, Leopoldo Nobili e Giovanni Pierelli -, nati e cresciuti in questa terra dinanzi alla Pania e al lontano Appennino, ma anche i tre sentieri presi d’assalto dai bikers di tutta la lucchesia: “il zappello”, “le capre” e “piastreto”. 
Tre bellissimi sentieri, ben tenuti da volontari, che partono da Trassilico ed arrivano all’allevamento delle trote “la Jara”. 
Il più famoso è sicuramente “il zappello”, grazie anche all’omonima marcia podistica che si svolge ogni anno, la prima domenica di giugno, dal 1979. 
Creato nei primi anni del 1800, è lungo 2,3 Km per un dislivello di 430 metri e regala bellissime viste panoramiche su Verni e gli Appennini. 
Era usato dai Trassilichini per il pellegrinaggio all’Eremo di Calomini e per portare il bestiame a Gallicano. 
Per capire l’importanza che ha avuto nel passato “il zappello”, basta leggere questo ricordo di Italo Pierotti. 

Era l’unica strada che univa Trassilico al resto del mondo. Frequentavamo le medie a Gallicano, l’Eugenio Rebechi, Pierantonio Grassi (che purtroppo non c’è più) ed io. 
Tutti i giorni, pioggia o sole, caldo o freddo, “il zappello” era il nostro pulmino. Quando la notte aveva nevicato molto, attendevamo “Il Galanti” Gigi, il postino, per scendere, era l’unico che possedeva gli stivali e ci faceva da apripista. La scuola si trovava dove ora c’è l’ufficio tecnico del Comune e da lì, all’una e mezzo partivamo per il ritorno. 
Non sempre però, perché, tanto per avere la vita facile, il giorno della settimana che nelle ultime due ore c’era “ginnastica”, andavamo al campo sportivo, e da lì, dalle sponde del Serchio iniziava il nostro affamato ritorno. “Il zappello” l’ho sempre ricordato con affetto, con tutte le sue tappe per posare carichi troppo pesanti: Sapina, Molevigne, Sardegna, la buca dei cacati e così via. 
L’ho sempre considerato nei decenni successivi (troppi purtroppo) il mio più importante maestro di vita. E’ dura scendere col vento che ti spinge e col freddo che ti pungola, quando gli altri ancora dormono, e tu a dodici anni devi per forza andare avanti. 
E’ dura, finita la scuola, farti quasi un’ora di salita con la lingua di fuori per il caldo, la fame e la fretta di arrivare, e quando stavi per giungere al traguardo: ecco la salita di Fonti “la montatella”, l’ultimo breve ripido strappo che ti toglieva le energie residue. Era dura, ma imparavi subito che le difficoltà esistono e le devi superare e se non vuoi soccombere devi contare sulle tue forze e la tua volontà. 
Anche quando per andare al lavoro me ne stavo “stravaccato” su treni che viaggiavano a 200 Km all’ora, o su auto superaccessoriate, ogni tanto mi veniva alla mente “il Zappello”, serviva per farmi abbassare la cresta, nel caso avessi avuto la tentazione di darmi troppe arie. 

Che ne diresti di leggere un altro articolo a caso del blog? Potresti trovarlo utile e interessante!

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