8 ottobre 1829 - 5 marzo 2015: 186 anni dopo un altro devastante uragano.
Già da alcuni anni, non appena le previsioni «meteo» annunciano
piogge estese e temporali, subito vengono allertate le
protezioni civili, poiché puntualmente, soprattutto nei luoghi
montani, si manifestano straripamenti e frane. Ma non di rado
assistiamo anche a veri e propri cataclismi idrogeologici, che,
travolgendo tutto al loro passaggio, non risparmiano nemmeno
i grandi centri urbani, attraversati o meno da torrenti o fiumi.
Un castagneto Garfagnino |
La colpa viene sistematicamente attribuita all’incuria e al
modo insensato del nostro vivere quotidiano, che sempre più
ha portato al disboscamento selvaggio, alla intensa cementificazione
e all’inquinamento atmosferico, con la conseguente
accelerazione dei mutamenti climatici.
Che l’odierna attività umana abbia contribuito in maniera
determinante ad originare queste catastrofiche tempeste, non
ci sono dubbi, però è altrettanto vero che le bizzarrie del
tempo si manifestavano già ancor prima che l’uomo intervenisse
così massicciamente sul nostro delicatissimo ecosistema.
Prova evidente ne è il potente uragano che, nella prima metà
dell’ottocento, si abbatté con violenza inaudita su una vasta
area della Garfagnana.
Riferiscono infatti alcuni documenti presenti nell’archivio
storico del comune di Castelnuovo, che, nella notte tra il 7 e
l’8 ottobre 1829, un gran temporale «col diluvio d’acqua e
furia di vento», fece grandi disastri in ben nove comuni della
nostra provincia.
I danni furono di varia natura: tetti scoperchiati, strade interrotte
per frane, paesi allagati e così via, ma l’uragano infierì
soprattutto sulle selve poste a media altezza, sradicando,
troncando e rendendo infruttiferi un numero elevatissimo di
castagni, giovani e vetusti.
Allora gran parte dell’alimentazione era costituita dal frutto
di queste nobili piante, pertanto è facile immaginare le conseguenze
che tale flagello ebbe specialmente sulla popolazione
meno abbiente.
Quindi, per ovviare almeno in parte ai disagi causati da questo
calamitoso evento, gli amministratori dei comuni interessati
chiesero immediatamente aiuto al governatore della Garfagnana
estense, Torello, il quale però, non avendo sufficiente autorità
per agire in prima persona, indirizzò tutte le suppliche al
«Munifico» duca Francesco IV di Modena.
Tutto quello che il Duca poté concedere nell’immediato, fu
soltanto una leggera riduzione della tassa prediale, nonché
autorizzare i primi cittadini a liberalizzare la vendemmia che,
in quel tempo, era rigidamente regolamentata in base alla
maturazione delle uve: «Attesa la stravaganza della stagione si rilascia in libertà i proprietari e i coloni di vendemmiare
le uve già compromesse, a loro beneplacito».
Ovviamente questi palliativi non risolsero la crisi, che, a conti
fatti, era molto più grave di quello che era apparsa a prima
vista.
Per la verità Francesco IV si era subito attivato per ovviare
almeno ai pubblici disagi: ripristinò le strade e intervenne
sulle frane, ma le selve, appartenendo tutte a privati cittadini,
non rientrarono negli ordinari interventi governativi.
Quindi
ai possessori dei castagneti non rimase che affidarsi al buon
cuore del Duca, il quale, nonostante «lo stato di calamità
naturale» invocato dal Governatore, non fu così solerte come
avrebbe dovuto.
Prima che il «Magnanimo Principe» avesse preso una decisione
e che venissero svolte tutte le pratiche burocratiche, passarono
più di due anni e soltanto il 19 maggio 1832, il Governatore
poté annunciare, alle «comunità supplicanti», la benevola
decisione di Francesco IV: «Ultimate le verificazioni, che
occorreranno, potrà finalmente aver luogo il riparto di Italiane
lire 3000 che S.A.R. l’Augusto nostro Sovrano si è degnato
di accordare a titolo di sussidio ai più danneggiati nei castagneti
in questa Provincia dall’uragano del 7 all’8 ottobre 1829.
Il
riparto è fatto in ragione della quantità delle piante atterrate
nei nove comuni della Provincia».
Purtroppo i documenti da noi consultati, non forniscono i
nomi dei comuni interessati e nemmeno l’intensità distruttiva
che ognuno di questi aveva subito.
Ma nel totale, le piante
abbattute, ascendevano alla ragguardevole cifra di ben 22.334
unità.
Per quanto riguarda invece la comunità di Castelnuovo, in
virtù di alcuni elenchi minuziosamente redatti dai consiglieri
sezionali, conosciamo tutti i nomi dei proprietari, «che soffrirono
i danni dell’atterramento», e le relative quote di indennizzo
(dati che però omettiamo per ragioni di spazio), nonché il
numero delle piante sinistrate, suddivise per frazioni.
Fra queste la più danneggiata fu quella di Colle, con 1339
castagni divelti dalle radici, seguita da Gragnanella con 934,
Stazzana con 261, Rontano con 144, Cerretoli con 128,
Antisciana con 78, Monterotondo con 64, località S. Carlo
con 47 e Palleroso con 17, per un totale di 3012 piante, più
666 presenti nella comunità di Pieve Fosciana, che in quel
tempo, come è noto, era stata aggregata al capoluogo della Garfagnana, in conseguenza dei moti rivoluzionari del ’31.
Il risarcimento per il territorio castelnuovese fu di lire italiane
494,02 essendo stato fissato, il valore di ogni singola pianta
perduta, in lire italiane 0,13432 (una lira italiana equivaleva
allora a due lire modenesi).
Si trattò di un modesto risarcimento che consentì appena ai
vari proprietari di ripulire le selve dai castagni divelti, lasciando
ancor più nelle ristrettezze la povera gente che, per molti anni,
pagò con grandi rincari la farina di castagne.
Scriveva il
consigliere di Colle, Giuseppe Cecchini, nel consegnare al
Podestà di Castelnuovo l’elenco degli alberi abbattuti dalla
insolita tempesta: «Nelle selve rammentate del benefizio
Parrocchiale di questa piccola comunità, la quale è ora ridotta
povera e miserabile, avendo nelle castagne la maggiore entrata,
sono state svelte dalle radici le piante più vigorose collocate
nei migliori fondi del paese».
Articolo di Guido Rossi tratto dal Corriere di Garfagnana del maggio 2012
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