La normativa prevede che il Comune possa porre a carico del detentore una quota compresa tra il 10 e il 30% dell’ammontare «complessivo» della Tasi dovuta per l’immobile; la restante parte rimane a carico del proprietario.
Nei Comuni dove si applica la Tasi sugli altri immobili, il detentore è chiamato spesso a pagare delle cifre irrisorie e a volte ingiustificate rispetto agli adempimenti posti a carico del contribuente per corrispondere il tributo. Infatti, normalmente il detentore non conosce né gli identificativi catastali né la rendita catastale, informazioni che dovranno essere rese dal possessore.
Il detentore poi dovrà verificare quant’è la Tasi di sua competenza, utilizzando però la stessa aliquota del possessore, visto che il detentore deve pagare una quota della Tasi a carico del possessore. Una volta calcolata l’imposta, deve anche verificare se supera la soglia dell’importo minimo di versamento stabilito nel regolamento comunale, che spesso è inferiore ai 12 euro individuati di default dalla normativa statale.
Per semplificare, il possessore può farsi carico della quota di Tasi dovuta dal detentore, ricorrendo all’istituto dell’accollo. L’articolo 8 della legge 212 del 2000 (Statuto del contribuente) prevede che «è ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario».
Questa possibilità non deve essere recepita in un provvedimento del Comune: pertanto, se anche il regolamento comunale non lo disciplina, il contribuente potrà comunque ricorrere all’accollo. Ovviamente, sarà necessario comunicarlo al Comune (con una lettera in carta semplice, senza formalità).
L’accollo però non libera il contribuente originario; questo vuol dire che, ad esempio, in caso di versamento parziale della quota dovuta dal detentore, il Comune potrà richiedere la differenza solo al detentore e non all’accollante; vale, infatti, sempre la regola che non vi è solidarietà tra possessore e detentore.
L’accollo può poi essere utile per risolvere una serie di casi sui quali si è venuta a creare un’enorme confusione, anche a seguito delle Faq ministeriali, nelle quali si è ritenuto che in tutte le ipotesi di fabbricati assimilati all’abitazione principale per legge, l’obbligo di versamento Tasi «ricade unicamente sul proprietario e non sull’occupante». Questa tesi non trova appiglio giuridico, ma crea sicuramente confusione, e in prospettiva potrà portare del contenzioso, perché quello del Mef è un parere non vincolante né per il contribuente né per il Comune.
In questa situazione, allora, l’accollo da parte del comodante, o della cooperativa edilizia a proprietà indivisa, della quota dovuta dal comodatario o dall’assegnatario, risolve qualsiasi problema.
Il Sole 24 Ore - Pasquale Mirto
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