Un interessante articolo de Il Sole 24 Ore di Maria Carla De Cesari
All'operazione Tfr in busta paga il Governo affida il compito di contribuire a rilanciare i consumi. Per conseguire l'obiettivo si è messo in campo l'effetto combinato del Tfr con il bonus di 80 euro, che da solo si è rivelato finora una leva debole.
L'operazione, però, è insidiosa. Prima di tutto nel lungo periodo. Sul Tfr aveva cercato di investire la previdenza complementare, che dovrebbe integrare le pensioni obbligatorie, rese modeste dalle carriere frammentate e dal sistema contributivo delle prestazioni. L'opzione per il Tfr in busta paga sembra autorizzare tutti a ritenere che previdenza e pensione non saranno un problema.
Nel breve periodo l'insidia si svela nelle cifre della legge di Stabilità: non è detto che i consumi aumentino e l'economia migliori, con un circolo virtuoso che premierà tutti.
Di sicuro, poi, l'Erario ha stimato maggiori entrate, dal Tfr, per circa 2,2 miliardi.
Il Tfr pagato ogni mese dal datore di lavoro sarà infatti tassato con le modalità ordinarie: ciò significa che aumenterà l'imponibile Irpef, facendo scattare in alcuni casi l'aliquota fiscale più elevata per la tassazione.
Non solo: le somme da Tfr incideranno sul conto delle addizionali regionali e comunali, aumenteranno i redditi che confluiscono nella certificazione Isee per fruire di prestazioni sociali a condizione agevolate.
Si potrebbe arrivare anche a far scattare il limite di reddito per l'applicazione della detassazione legata al salario di produttività.
Insomma, per i lavoratori la partita del Tfr rischia di essere negativa. Sicuramente la tassazione ordinaria, rispetto al regime della tassazione separata è più penalizzante per quanti hanno redditi medio-alti.
Tuttavia, i dipendenti con retribuzioni medio-basse potrebbero essere spinti, più di altri, a chiedere il Tfr per fronteggiare bollette, mutui, spese di condominio. Molte famiglie sono infatti diventate monoreddito e faticano a tener dietro agli impegni correnti. È da costoro che l'Erario "rischia" di raccogliere gran parte dei 2,2 miliardi. Chi si trova in condizione di disagio verserà, dunque, più soldi alle casse dello Stato e si troverà senza dote una volta che andrà in pensione con il 30-40% dell'ultima retribuzione. Una duplice beffa.
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