La Via Vandelli - foto Daniele Saisi |
Ore 9, Passo Croce, versante d’Alta Versilia delle Alpi Apuane. A 1100 metri di quota Laura, Eva e Silvia timbrano il «cartellino» fra i colori accesi di un autunno insolitamente caldo. Giacconi, scarponi d’ordinanza e «tanta pazienza» dicono in coro, la dote più importante per avere a che fare con gli escursionisti più spericolati. Eva e le sue colleghe sono guide ambientali che lavorano nel Parco dal 2006 e fanno parte delle circa 300 guide toscane (la metà del totale) che hanno rivoluzionato un mestiere in passato quasi esclusivamente maschile. Tre donne che hanno preferito la montagna a un tranquillo lavoro a valle.
«Dopo la laurea in biologia non ho avuto dubbi , dice Eva Maccari . Fare la guida è stata una scelta d’istinto». Laura Benedetti ci indica un tracciato lontano, incastonato fra gole bianche: «Quella è la Vandelli, via settecentesca che collegava Massa alla Modena degli Estensi, ora è il 35, uno dei sentieri più belli e panoramici». La visuale è a 360 gradi, con vedute dal Golfo dei Poeti all’Appennino, ed è facile, nelle giornate limpide, avvistare la Corsica.
Le Apuane si visitano anche in autunno e inverno: le 39 strutture ricettive sparse nelle vallate (rifugi e B&B) garantiscono l’apertura tutti i weekend dell’anno. Ulteriore impulso al turismo è arrivato dall’inserimento del parco nei «Geoparks» europei sotto l’egida dell’Unesco.
Da Dante a Fosco Maraini. Su queste vette pastori d’alpeggio e cavatori si sono incontrati per millenni e i «Monti di Luni» di Dante (Canto XX dell’Inferno) sono stati ricordati molti secoli dopo nei versi di un giovane Fosco Maraini («Siamo Apuane. Siamo Antiche antichissime...») che da esploratore in erba fu stupito da vette così aspre a poca distanza dall’Appennino tosco-emiliano. Questi monti, che si sono conquistati la definizione di Alpi dai funzionari della Repubblica Cisalpina alla fine del ‘700, alternano facili sentieri a pareti da brivido: «Degli 800 mila visitatori annuali la metà sono stranieri ricorda il direttore del Parco Antonio Bartelletti e la Regione Toscana ha formato centinaia di guide proprio a fronte del continuo aumento degli escursionisti». Un successo che pone il problema della convivenza fra turismo e sfruttamento delle cave, come ha denunciato Alberto Grossi col documentario «Aut Out» (presentato al Trento Film Festival nel 2010), fra cariche di tritolo e gallerie scavate per chilometri. Da qui gli allarmi lanciati da Italia Nostra, Legambiente e Cai contro i danni dell’escavazione. Di queste zone si è occupato nel suo sito anche il giuslavorista Paolo Ichino, grande appassionato di Apuane, a cui ha dedicato molti articoli.
Escursioni facili e per esperti. Le escursioni, dal trekking all’alpinismo, si sviluppano su 600 chilometri di sentieri e in tre grotte carsiche (l’Antro del Corchia, Grotta del Vento ed Equi; ingresso 13 euro). Silvia Malquori, oltre al lavoro di guida, gestisce col marito il Mulino del Frate a Pruno: «Recuperiamo tradizioni come la macina a pietra delle farine, in più il mulino è una scuola per spiegare ai bambini lavorazioni che vogliamo salvare dall’oblio». Si può salire sulle Apuane da tre zone: Lunigiana, Garfagnana e Alta Versilia. I percorsi vanno dalle poche ore alla settimana e si pernotta nei rifugi (quasi tutti aperti ogni weekend, anche d’inverno; Ente Parco tel. 0584.75.821 o www.cailucca.it) o nei B&B. Il rifugio «Forte dei Marmi» è una meta ideale per un trekking autunnale: si raggiunge da Stazzema con un’ora di cammino ed è a sua volta punto di partenza per altri sentieri. Da Seravezza (A12 Genova-Livorno, uscita «Versilia») le provinciali 10 e 13 salgono verso i borghi a 5/600 metri e da qui i sentieri si diramano verso le vette della Pania della Croce (a 1850 metri), dell’Altissimo e verso la Foce di Mosceta e il rifugio Del Freo, quest’ultimo «hub montano» per altre vette.
L’itinerario verso l’Altissimo porta verso la cava Cervaiole (o Michelangelo) quella da cui Buonarroti fece estrarre marmi per conto dei Medici. L’Henraux (titolare dell’escavazione) ha un accordo con i Comuni di Seravezza e Stazzema per lo sfruttamento fino al 2018 ma il Picco Falcovaia (a 1200 metri di quota) è diventato il simbolo del «tagliare a fette il monte», in attesa di bonifiche urgenti e del ripristino di alcuni sentieri, come chiedono a gran voce gli ambientalisti.
L’albergo diffuso di Isola Santa. Scendendo di quota, la cava (stavolta abbandonata) Henraux nella Val d’Arni è un luogo spettrale, con un fascino da set cinematografico: sfruttata dal 1820, fornì marmi agli zar e alla ricostruzione di Montecassino. Continuando in direzione Garfagnana, verso Castelnuovo, si raggiunge Isola Santa, un paese abbandonato per la costruzione di una diga nel 1949. Dopo una lunga agonia oggi è uno dei borghi più visitati delle Apuane: dal ‘94 le vecchie case sono restaurate e trasformate in albergo diffuso. A pelo d’acqua si intravedono resti di mura, mentre i mulini e un ponte restano sommersi. Pane fatto in casa e tradizioni
«Le Apuane sono un mondo naturalistico a sé , dice Laura Benedetti. con mufloni, salamandre e aquile reali». Un ecosistema complesso dove l’Ente Parco negli ultimi dieci ha realizzato progetti fra cui il Sentiero Alta Versilia (vedi box). Il lavoro di alcune guide (è il caso di Laura e Silvia) si è sdoppiato in attività agricole e di ricezione: «La nostra azienda agricola “Il castello”, dice Laura Benedetti , sta recuperando antiche ricette locali» (Pian di Scala, Retignano, tel. 347.65.92.468).
Fra pane e focaccia fatti in casa e ricognizioni sui sentieri, le guide concordano su un punto: «Per un collega uomo lavorare in quota è spesso una prova di forza, per noi invece la riflessione è più importante perché senza storia e tradizioni non si possono capire questi monti». Le donne stanno salvando le Apuane? Di certo ce la stanno mettendo tutta.
Bellissimo questo articolo...
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