In attesa che il Parlamento metta nero su bianco il pagamento in tre rate dell'acconto Imu, è il momento di fare i calcoli. Le modifiche introdotte al Senato, insieme al provvedimento emanato giovedì scorso dalle Entrate, permettono finalmente ai proprietari di capire quanto (e come) dovrà essere versato entro il 18 giugno.
Ma i conteggi non saranno sempre facilissimi, perché i proprietari dovranno calcolare anche la quota del tributo destinata allo Stato. Secondo l'emendamento al decreto fiscale (Dl 16/2012) votato nei giorni scorsi a Palazzo Madama, l'acconto dell'Imu va pagato sulla base delle aliquote base nazionali: 0,4% sull'abitazione principale (con detrazione di 200 euro, eventualmente maggiorata per i figli), 0,2% per i fabbricati rurali strumentali, 0,76% per tutti gli altri immobili. E questo anche se il Comune in cui si trovano gli immobili avesse già fissato le proprie aliquote.
Le decisioni locali, infatti, peseranno solo al momento del saldo, che andrà versato entro il 17 dicembre. Quindi l'acconto sarà pari al 50% dell'imposta ottenuta applicando le aliquote nazionali, con la sola eccezione dei rurali strumentali, per i quali a giugno si pagherà il 30 per cento.
Attenzione: tutte queste novità non sono ancora legge, perché la Camera voterà la sue modifiche questa settimana e il testo tornerà al Senato per il via libera definitivo entro il 1° maggio.
Ma è difficile immaginare una procedura diversa di calcolo dell'acconto, per non complicare ulteriormente la vita ai contribuenti e ai Caf che già da alcune settimane stanno preparando le dichiarazioni dei redditi. Piuttosto, come annunciato dal relatore Gianfranco Conte (Pdl), la Camera punta a introdurre la divisione in tre tranche dell'acconto dell'Imu sulla prima casa. Contro la rateazione dell'imposta sugli altri immobili, invece, hanno preso posizione i Comuni, che temono problemi di liquidità. Tra le altre modifiche in discussione, anche gli sconti per le case affittate a canone concordato e le dimore di interesse storico-artistico.
Intanto, le Entrate hanno apportato alcune modifiche al modello F24 – unico strumento ammesso per il pagamento dell'Imu – e hanno pubblicato i codici tributo, utilizzabili da mercoledì 18 (risoluzione 35/E/2012). Ciò che rende complesso l'adempimento è la quota di imposta erariale, che segue regole proprie rispetto al tributo comunale.
Va infatti ricordato che sugli immobili diversi dall'abitazione principale e dai fabbricati rurali strumentali una quota pari allo 0,38% dell'imponibile deve essere versata allo Stato. Rispetto a questa quota, inoltre, non valgono né le riduzioni di aliquote né le detrazioni eventualmente adottate a livello locale. Per questo motivo, l'Agenzia ha istituito una doppia serie di codici tributo: una riferita all'imposta comunale vera e propria, l'altra riferita invece alla quota statale. Ciò significa in pratica che i cittadini saranno chiamati a effettuare due conteggi per ciascuna tipologia di immobili in relazione alla quale il Comune ha deliberato una aliquota differenziata rispetto a quella base.
Una complicazione da cui si salva solo l'Imu versata sull'abitazione principale e i fabbricati rurali strumentali, il cui gettito va tutto al Comune. L'impatto maggiore si verificherà con il pagamento del saldo a dicembre, dal momento che l'acconto andrà versato sulla base delle aliquote legge, a prescindere dalle delibere comunali. In concreto, come evidenziato negli esempi di calcolo riportati nel grafico a fianco, l'importo che dovrà essere corrisposto entro il 18 giugno sarà sempre conteggiato con l'aliquota dello 0,76%, per tutti gli immobili sui quali grava la quota di imposta erariale.
L'ammontare dell'acconto ottenuto alla fine del conteggio, dovrà essere ulteriormente scomposto in due parti di uguale ammontare: una da pagare con il codice tributo dell'imposta statale, l'altra con il codice dell'imposta comunale. Trattandosi di pagamento con il modello F24, resta sempre salva la facoltà di compensare gli importi dovuti a titolo di Imu con eventuali crediti d'imposta per tributi erariali (ad esempio, l'Iva o l'Irpef).
Il discorso si complicherà a dicembre, perché in quel caso non basterà dividere il saldo in due parti uguali, ma bisognerà calcolare il conguaglio tenendo conto della quota statale.
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