I simboli delle carte a contornare lo sfondo bianco.“Se ne va un pezzo di storia”, commentava all’uscita della messa un crocchio di pensionati. Il bar, presente in tutte le vecchie fotografie del paese sin dal dopoguerra, era infatti l’unico monumento in un’area circolare spoglia, priva di ornamenti di valore.
Il Bar Sport era l’unico bar sopravvissuto all’ondata di modernizzazione che ha visto lo spostamento di numerose attività in periferia. Con la creazione di un centro commerciale e di megastores oltre i confini delimitati dal cartello “Gallicano”, la piazza ha progressivamente perso la sua funzione di punto di ritrovo. Era rimasto il Bar Sport, luogo menzionato da giovani e non nel darsi l’appuntamento.
Per partire, per restare. Qui l’Ermete e il Geldo si incontravano ogni sera dopocena, tranne il giovedì, giorno di chiusura, per la consueta partita a canasta. Seduti intorno al tavolo di formica, imprecavano con le carte in mano. Il vociare confuso, che, insieme ai pettegolezzi del giorno, si riversava sul cemento esterno, animava la piazza, oggi deserta. La piazza ieri era una piazza-teatro, luogo dello spettacolo, ma anche del giudizio, un palcoscenico in cui emergevano le differenze sociali.
Oggi è una piazza-parcheggio, anonimo spazio di transito. Non è temuta, ma non discrimina più.Il Bar Sport era un simbolo, una garanzia che si trascinava nel tempo, grazie alla forza di un antico legame che non voleva, ne’ doveva essere rinnovato. La porta a vetri che dà sulla strada conservava un microcosmo resistente al cambiamento.
Due gradini al di sotto del livello della piazza, un paio di tavolini a ridosso dalla porta, vecchie sedie in ferro arrugginite, il bancone inchiodato sulla sinistra della stanza angusta.
Il Bar Sport è un’icona dell’immaginario nazionale e al suo crocevia di storie grandi e piccole è stato dedicato persino un libro, qualche anno fa. I personaggi di quel libro, scritto da Stefano Benni, sono gli “eroi” che tutti conoscono. Sono stereotipi tra il mito e la macchietta.
Ci sono il ragioniere, il dottore e lo sfaccendato. Ci sono le figure femminili, ora evocate, ora presenti in carne ed ossa nei panni della barista o di una cliente qualsiasi. “Signora non ci lasciare” è il grido soffocato degli abituali avventori di un bar. Racchiude tutta la poesia di un mondo fatto di carte da briscola unte e consumate, di caffè espresso della Signora, di sigarette spente in un portacenere stracolmo.
Perché, anche se al Bar Sport non si fumava più, le pareti ingiallite ricordavano la storia dei suoi anni. Oggi in piazza ho visto solo l’Ermete, non so chi aspettasse. Era seduto su una sedia di plastica davanti al Bar Sport.
Claudia Ponziani